Il TFS o TFR spetta ai lavoratori al termine del rapporto lavorativo. Ma cosa succede per determinati rapporti di lavoro?
A differenza dei dipendenti del settore privato che, in caso di interruzione del contratto di lavoro, hanno diritto al TFR, i lavoratori pubblici e statali hanno diritto al cosiddetto TFS. Ecco quali sono le sue peculiarità.
Il TFS (Trattamento di Fine Servizio) è un’indennità che spetta esclusivamente ai dipendenti statali con contratto a tempo indeterminato precedente al 1° gennaio 2001, nell’ipotesi di cessazione dall’attività lavorativa. È rivolto, inoltre, ai dipendenti pubblici non iscritti al Fondo Pensione Complementare di categoria Espero per Scuola e AFAM o Perseo Sirio.
Dunque, tutti coloro che hanno lavorato presso un ente pubblico e sono stati assunti a tempo indeterminato non oltre il 31 dicembre 2000, beneficiano di una delle forme di liquidazione previste, distinto per settori.
Con il DPCM del 20 dicembre 1999, è stata prevista l’applicazione della normativa sancita dall’art. 1 della legge n. 297 del 29 maggio 1982 (che disciplina il TFR) ai lavoratori assunti per la prima volta presso una Pubblica Amministrazione e a quelli con contratto di lavoro a tempo determinato. Tale disciplina si applica anche ai dipendenti pubblici che hanno cessato la propria attività lavorativa e che, dopo il 30 maggio 2000, siano stati riassunti presso una Pubblica Amministrazione, se tra primo e secondo servizio esiste soluzione di continuità.
Il TFS, invece, si applica al personale che, al momento dell’entrata in vigore del suddetto DPCM, aveva un contratto a tempo indeterminato e che passi da un Ente pubblico all’altro a causa di:
Per l’erogazione delle indennità di fine servizio è necessaria l’estinzione del rapporto lavorativo.
Sono varie le cause che portano all’estinzione di un rapporto di lavoro dipendente:
Il TFS (così come il TFR) è collegato alla nozione di “senza soluzione di continuità”. Cosa significa tale definizione? Letteralmente va intesa come “senza interruzione di continuità”, ossia “continuativamente, ininterrottamente”. Di conseguenza, i contratti “senza soluzione di continuità” sono quei contratti tra i quali non intercorre neanche un giorno di interruzione.
Dunque, le attività lavorative sono valutate come rese continuativamente ed ininterrottamente.
La disciplina relativa all’erogazione del TFS è stata chiarita dalla Circolare dell’INPDAP n.30 del 2002. In base a tale circolare, hanno diritto al TFS tutti i lavoratori della Pubblica Amministrazione con contratto a tempo indeterminato stipulato entro il 31 dicembre 2000. La normativa, inoltre, si applica anche a coloro che abbiamo effettuato il passaggio da un Ente ad un altro, a condizione che il passaggio avvenga senza soluzione di continuità e con contratto a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda il TFR, invece, scatta anche in presenza di più servizi, tutti inferiori ai 15 giorni, ma senza soluzione di continuità.
Limitatamente al personale scolastico, poi, i contratti di lavoro inferiori ai quindici giorni, anche se presso istituti scolastici diversi, si sommano tra loro, per raggiungere la durata minima di servizio necessaria per il TFR. Anche in tale ipotesi è necessario che tra un contratto e l’altro non ci sia soluzione di continuità. In pratica non deve esserci nessun giorno (festivo o feriale) non coperto da contratto.
In definitiva, nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro e successiva riassunzione presso lo stesso Ente o un altro iscritto all’INPDAP, i dipendenti potranno beneficiare del TFS e del TFR solo se tra il primo ed il secondo contratto non ci sia soluzione di continuità.
Per attestare tale requisito, gli Enti sono tenuti ad includere nella documentazione necessaria per l’erogazione dell’indennità, anche la dichiarazione con cui l’iscritto certifichi di non essere più dipendente presso un’altra Pubblica Amministrazione iscritta all’INPDAP o che tra i servizi prestati non ci sia stata soluzione di continuità.
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