Il congedo biennale per legge 104 permette al lavoratore di assistere un familiare con grave handicap. Ma a quali condizioni?
Il congedo biennale è un beneficio che è riconosciuto ai lavoratori dipendenti, affinché prestino assistenza ad un parente disabile grave ,ai sensi dell’art. 3 comma 3 della Legge 104/1992. Non tutti, però, possono avvalersi di tale vantaggio perché la legge richiede stringenti presupposti. Ecco quali.
Non tutti possono beneficiare di tale opportunità. Esiste, infatti, un preciso “ordine gerarchico” di soggetti, che deve essere tassativamente rispettato e che può essere derogato solo nell’ipotesi di mancanza, decesso o gravi patologie del beneficiario in cima alla lista.
I soggetti a cui spetta il congedo biennale sono:
Per mancanza si intende l’assenza naturale, giuridica o altri casi certificati dall’autorità giudiziaria, come il divorzio, la separazione legale, l’abbandono o la morte presunta.
Le patologie invalidanti, invece, sono quelle previste dal decreto 21 luglio 2000, n.278.
Senza la convivenza non si può richiedere il congedo biennale. Essa è, infatti, un requisito essenziale. Va intesa come coabitazione, nello stesso appartamento o unità immobiliare, con il familiare disabile che deve essere assistito.
Tale condizione, tuttavia, non è richiesta per i genitori che assistono il figlio con handicap grave.
È necessario dimostrare la sussistenza della convivenza, attraverso dichiarazioni sostitutive, rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. n. 445 del 2000, dalle quali bisogna emergere la concomitanza della residenza anagrafica e della convivenza, ossia della coabitazione (art. 4 del d.P.R. n. 223 del 1989).
In relazione alla convivenza, bisogna analizzare due casi specifici:
1) le dimore consuete del lavoratore e della persona da assistere si trovano nello stesso stabile, ma non nello stesso interno. Si tratta, insomma, di due separati appartamenti nello stesso numero civico. In questo caso, per la legge, la condizione della convivenza si considera sussistente;
2) attraverso idonea dichiarazione sostitutiva si attesta la dimora temporanea, cioè l’iscrizione nello schedario della popolazione temporanea (ex art. 32 del d.P.R. n. 223 del 1989), se emerge che la residenza del lavoratore e dell’assistito sono diverse.
È compito delle amministrazioni effettuare gli opportuni controlli per verificare l’esattezza di quanto reso nelle dichiarazioni (art. 71 del citato d.P.R. n. 445 del 2000).
Il requisito della convivenza, quindi, può anche essere verificato d’ufficio, a condizione che l’interessato abbia indicato gli elementi necessari per l’individuazione della residenza anagrafica, o l’eventuale dimora temporanea, o ancora la diversa residenza del dipendente o del disabile.
La durata complessiva del congedo straordinario è di 2 anni nell’arco dell’intero periodo lavorativo del beneficiario. Tale computo non dipende dal numero di familiari a cui si presta assistenza.
Al lavoratore in congedo, dunque, viene erogata un’indennità pari alla retribuzione ricevuta nell’ultimo mese di lavoro immediatamente precedente al periodo di congedo. Non si calcolano, invece, le voci che non sono fisse e continuative.
I periodi di congedo straordinario non sono valutati ai fini della maturazione di ferie, tredicesima, trattamento di fine rapporto e trattamenti di fine servizio, ma, poiché sono coperti da contribuzione, sono utili ai fini del calcolo dell’anzianità.
Per il personale scolastico, tali periodi sono considerati nell’anzianità di servizio ai fini della mobilità e delle graduatorie interne (per i dipendenti con contratto a tempo indeterminato) e ai fini dell’aggiornamento delle GAE/GI (per i dipendenti con contratto a tempo determinato).
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