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Avvelenamento da pesticidi, milioni di morti: ma “nessuno ne parla”

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Nella Giornata Mondiale della Salute, non si parla (solo) di Covid ma di un altro problema di preoccupante entità: milioni di morti a causa dell’avvelenamento da pesticidi.

Indubbiamente la pandemia ha sconvolto le vite di tutti noi, ma mentre scriviamo questo articolo succedono altre cose. Purtroppo, esistono nel mondo ancora tanti fattori che portano a malattie gravi e alla morte di milioni di persone. L’ultimo allarme è stato lanciato dal WWF, che cerca di “far sentire la sua voce” ancora di più.

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Il report che ha stilato il Fondo Mondiale per la Natura contiene numeri impressionanti. Che devono far riflettere per forza. E se pensiamo che in fondo in Italia la “questione pesticidi” non ci tocchi, sbagliamo. Il nostro Paese è il sesto per utilizzo di queste sostanze nocive – per la salute umana e per l’ambiente – e il fenomeno è incredibilmente in crescita.

Avvelenamento da pesticidi, i numeri (preoccupanti) emersi dagli studi del WWF

Nel mondo, attualmente, si registrano 11 milioni di morti a causa di avvelenamento da pesticidi. Altri gravissimi problemi di salute correlati all’esposizione di dette sostanze riguardano quasi 400 mila persone.

Le vittime più esposte sono ovviamente i lavoratori agricoli, che entrano in contatto quasi diretto, ma a farne le spese sono soprattutto donne e bambini, i soggetti più fragili. Studi scientifici hanno anche dimostrato che i veleni passano dalle donne incinte ai feti, e anche in seguito, durante l’allattamento.

La cosa più incredibile è che l’uso di pesticidi è in aumento. Nonostante sia ormai chiaro che a livello ambientale – e ovviamente umano – rappresenta un danno immenso. Solamente nel 2019 sono stati usati più di 4 milioni di tonnellate di “veleni”, che a voler fare una stima di media significano quasi 500 grammi a testa.

E sono previsti aumenti di “dosaggi” di ulteriori 3 milioni di tonnellate, per “sfamare” i Paesi più poveri. Un vero paradosso. Da una parte si vuole produrre “più cibo” per non far morire di fame la popolazione. Dall’altra, si contribuisce a “far morire” milioni di persone a causa della contaminazione di quello stesso cibo.

E anche non consumando i prodotti irrorati non è che non si rischia. Sempre secondo le analisi svolte dal WWF, solo il 5% dei prodotti va a finire su verdure, ortaggi, coltivazioni. Il resto, si disperde nell’aria e poi con la pioggia contamina le falde acquifere. Un disastro che raggiunge, dunque, tutti quanti. Persone e animali e altre piante.

Lo “scandalo Italia”

Incredibilmente, nonostante una consapevolezza a livello globale che l’uso di determinate sostanze non fa assolutamente bene, l’Italia è tra i Paesi che usano più pesticidi. Parliamo di quantità come 114 mila tonnellate all’anno, composte da più di 400 sostanze nocive diverse.

Da approfondimenti, sembra che più della metà dei cibi che finisce nella nostra tavola non sia “avvelenato”. Ma l’altra metà? La risposta è inquietante. E non è tutto perché da analisi eseguite nel 2019 da ISPRA (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) è emerso che il 25% delle acque superficiali e il 5% delle acque sotterranee sono risultate inquinate a livelli oltre il limite consentito.

Un “cocktail” sempre più pericoloso

L’appello di WWF, così come di tutte le associazioni ed Enti che cercano di farsi ascoltare, riguarda un pericoloso fenomeno. Anche se grazie ai continui controlli le quantità di pesticidi viene mantenuta “a livelli di legge”, il rischio è quello dell’accumulo nell’organismo.

Essere esposti a più sostanze, contemporaneamente e continuativamente nel tempo può sortire effetti sulla salute (anche) inimmaginabili. Soprattutto nel lungo periodo e nei soggetti più deboli, come i bambini. Fino ad oggi sono stati studiati, come afferma sempre il WWF, “disturbi del neuro sviluppo e del comportamento, come i disturbi da deficit di attenzione e/o iperattività. Pericolosi anche gli effetti a livello ormonale“.

Nonostante i numerosi appelli, ancora manca “unità di pensiero politico” e la speranza è che l’Europa emani al più presto direttive più precise per evitare quella che senza dubbio è una “strage silenziosa”. Ma non per questo meno tragica.

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