Si parla di malattia invalidante quando una persona ha difficoltà a svolgere le più semplici azioni quotidiane. Spetta l’assegno di invalidità?
Alcune di queste però non sono riconosciute come tali oppure non sono inserite nell’elenco delle percentuali di invalidità. Quest’ultimo è il caso della fibromialgia.
La sindrome fibromialgica è una patologia che colpisce circa 2 milioni di italiani. Soprattutto donne di circa 40 anni in età lavorativa. È una malattia che compromette gravemente la vita delle persone. Dolori diffusi in tutto il corpo, ansia, stanchezza, insonnia i sintomi più diffusi che, nel momento in cui appaiono, comprometto la vita non solo sociale ma anche lavorativa delle persone che ne soffrono.
Un passo avanti è stato fatto. Infatti, l’articolo 1, comma 972 della legge di Bilancio 2022 recita: “Viene istituito presso il ministero della Salute un fondo da 5 milioni per il 2022 finalizzato per lo studio, la diagnosi e la cura della fibromialgia”. Soddisfatti Giusy Fabio, vicepresidente AISF-Odv (Associazione italiana sindrome fibromialgica) e il professor Piercarlo Sarzi Puttini, presidente dell’Associazione e reumatologo presso l’Ospedale Sacco di Milano, incluso tra i 4 esperti di fibromialgia al mondo.
Un’indagine realizzata dall’Istituto Piepoli, in collaborazione con AISF-Odv e Altasigma si è concluso con risultati incredibili. I ricercatori hanno intervistato 1.148 persone con sindrome fibromialgica. Lo scopo dell’indagine era conoscere il loro grado di consapevolezza della malattia, condividerne i bisogni e migliorare i percorsi di cura. I risultati confermarono che per un paziente su due questa era considerata una malattia invalidante con un grande impatto sulla vita delle persone. Soprattutto sul piano lavorativo. Invece, il 38% degli intervistati ha dichiarato che il loro stato di salute era passabile, mentre il 14% che era in buono stato.
Dal 1998 (decreto legislativo n.124/1998 articolo 5, comma 1/a) la sindrome fibromialgica è riconosciuta come malattia invalidante e per questa ragione che ne è affetto ha diritto all’esenzione dalla spesa sanitaria. Nonostante ciò, la fibromialgia non è inserita nel LEA (Livelli essenziali di assistenza) e non è collegata a nessuna percentuale di invalidità.
Comunque sia, è possibile presentare domanda di invalidità per riduzione della capacità lavorativa. Nel caso in cui la commissione ASL non riconosca la patologia è possibile fare ricorso. Così come è successo nel 2017 a un’artigiana di Castelbuono affetta da fibromialgia. Il Tribunale di Termini Imerese le ha riconosciuto la patologia e la riduzione delle capacità lavorative.
Anche perché gli studi hanno dimostrato che questa malattia sarebbe strettamente correlata con stress, ansia, depressione, lupus, tiroide di Hashimoto e con altre malattie invalidanti come l’artrite reumatoide. Quindi si potrebbe ottenere la stessa percentuale di invalidità riconosciuta a queste malattie.
È un assegno economico mensile erogato dall’INPS per gli invalidi civili con una età compresa tra i 18 e i 67 anni. La possono richiedere coloro ai quali è stata riconosciuta una ridotta capacità lavorativa (dal 74 al 100%). Per ottenere l’assegno, l’invalidità deve essere riconosciuta nel verbale rilasciato dalla Commissione medico dell’ASL al termine del riconoscimento sanitario. La domanda può essere fatta direttamente online sul sito dell’INPS oppure tramite patronati e Caf.
Bisogna rispettare alcuni requisiti come i limiti di reddito. Per il 2022 gli importi, in base alla patologia, sono i seguenti:
Non dipende dal reddito, invece, l’indennità di accompagnamento che per gli invalidi parziali ha un importo di 525,17 euro (nel 2021 era di 522,10 euro), mentre per i ciechi assoluti un importo di 946,80 euro (nel 2021 era di 938,35 euro).
Si può dire, quindi, che anche se la sindrome fibromialgica non ha ancora le sue percentuali di invalidità, si può fare lo stesso la domanda correlandola con ad altre patologie. Alcune ASL la includono anche all’interno dell’artrite reumatoide riconoscendole un’invalidità del 50%. Si consiglia sempre di rivolgersi al proprio medico che saprà consigliare la scelta migliore.
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