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Allarme Glifosfato nella pasta italiana: ancora casi, i marchi (anche Bio) coinvolti

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Non si ferma l’allarme Glifosfato nella pasta italiana. Nonostante l’erbicida sia pericoloso per la salute, in molti marchi vengono trovate tracce.

Le indagini vengono svolte periodicamente da diverse realtà, ma il risultato è sempre lo stesso. Anche se nei limiti di legge, in tanti prodotti come la pasta si trovano tracce di Glifosfato. Il problema pesticidi è annoso, e causa milioni di morti all’anno in tutto il mondo. Purtroppo, sembra che i numerosi appelli rimangano inascoltati.

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Un nuovo studio, infatti, ha trovato il “noto” erbicida in diversi marchi famosi che producono la pasta italiana. Ricordiamo che la pasta è uno degli alimenti principali, soprattutto nel nostro Paese. E sapere che mentre ci gustiamo un bel primo piatto stiamo anche ingerendo sostanze chimiche non è molto confortante.

Glifosfato nella pasta italiana, i famosi marchi dove è stato trovato l’erbicida

Per chi non sapesse cos’è il Glifosfato, ricordiamo che si tratta di una sostanza chimica usata (abbondantemente) nelle coltivazioni. Il suo scopo è quello di far morire “le erbacce” e quindi massimizzare la produzione di grano. Il fatto è che, trattandosi di un composto chimico, fa male alla salute. Il Glifosfato è potenzialmente cancerogeno, ma sembra che ancora non sia stata dimostrata al 100% la sua pericolosità.

Nel sito dell’AIRC (la Fondazione per la Ricerca sul Cancro), si trovano quelle che sono allo stato attuale le informazioni sui potenziali danni causati dall’erbicida. Che, tra parentesi, è quello più utilizzato al mondo. “Il glifosato è da molti anni, oltre che al centro di dibattito e polemiche a livello internazionale e di casi giudiziari, oggetto di studi scientifici che hanno dato risultati discordanti. In particolare, una ricerca svolta nei ratti da un gruppo di ricercatori francesi diretti da Gilles-Eric Séralini aveva segnalato una grave cancerogenicità. La ricerca, i cui risultati furono pubblicati nel 2012 sulla rivista Food and Chemical Toxicology, aveva ottenuto molto spazio sui giornali, ma anche suscitato numerosissime critiche su diversi aspetti tecnici e, in generale, sull’affidabilità del metodo usato e dei risultati“.

Dunque non ci sono “prove a sufficienza”. Ma nonostante gli avvertimenti e le limitazioni d’uso proposte (anche) dall’Unione Europea, si continua a usare il Glifosfato. L’ultimo studio è stato effettuato da K-tip, una rivista svizzera molto popolare in questo ambito, e ha riguardato 18 confezioni di pasta. In ben 4 marchi italiani noti sono state trovate tracce dell’erbicida, anche se al di sotto dei limiti di legge.

Glifosfato, i marchi coinvolti e le repliche alle accuse

Alcune analisi effettuate dagli studiosi, hanno preso in considerazione 18 confezioni di pasta, di cui 13 provenienti da agricoltura classica e 5 da coltivazioni Bio. Ebbene, il Glifosfato è stato trovato in 10 di queste confezioni. Per quanto riguarda i marchi italiani parliamo di aziende come Lidl, Divella, Agnesi e Garofalo.

I produttori di pasta, però, “non ci stanno”, e hanno pubblicato la loro versione dei fatti. In un articolo su Il Salvagente, ogni marchio ha ribadito la sua posizione rispetto alla presenza dell’erbicida nelle confezioni di pasta.

Agnesi afferma che “il valore del glifosato trovato è pari a 0.039 ppm oltre 250 volte inferiore al limite di legge pari a 10 ppm.” Mentre Lidl specifica quanto segue: “per la referenza “Combino Bio Organic Spaghetti” il prodotto testato corrisponde a quello venduto nelle filiali Lidl in Italia. Per quanto riguarda, invece, il prodotto “Combino Tagliatelle”, trattasi di prodotti differenti in quanto il fornitore è differente da quello che produce la pasta venduta in Svizzera.”

Anche Garofalo si difende, affermando che i risultati della ricerca hanno trovato tracce di Glifosfato inferiori di 1000 volte ai limiti di Legge, quindi molto distanti dal poter rappresentare un pericolo per la salute. Segue Divella, che rimarca come le tracce ritrovate nelle sue confezioni di pasta siano “infinitesimali” e quindi non tali da scatenare “allarmismi ingiustificati”.

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