Un accordo tra l’ospedale Spallanzani e la Russia è stato accertato dal ritrovamento di un documento ufficiale. L’Italia avrebbe passato a Mosca il virus “vivo” del Covid 19 utile per l’elaborazione dei vaccini.
Roma dà, la Russia prende. Nessun do ut des, ma un unico passaggio dallo Spallanzani alla Russia del virus “vivo” del Covid 19.
E’ stato reso noto il documento ufficiale del Material Transfer Agreement tra l’ospedale Spallanzani, impegnato in prima linea nella lotta contro il Coronavirus, e Mosca. Gli scienziati russi avrebbero ricevuto dai ricercatori italiani il virus “vivo” del Covid in modo tale da poter isolare e mettere in coltura il virus stesso per poter, così, sviluppare i due vaccini di Stato, lo Sputnik e l’EpiVacCorona. L’annuncio è stato dato da Domani dopo il ritrovamento da parte della redazione di Report del documento ufficiale che attesta lo scambio del materiale virale. Il passaggio, nello specifico, sarebbe avvenuto tra l’Istituto Spallanzani e l’Istituto Vector. L’Italia ha fornito ai russi lo strumento chiave per sviluppare mezzi per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento del Covid 19 – come si legge nel file – e in cambio non ha ricevuto nulla, probabilmente neanche una stretta di mano.
La direttrice del laboratorio di virologia dell’Istituto Spallanzani ha confermato l’esistenza di un accordo con l’Istituto Vector. Il centro di ricerca statale russo non si occupa di ricerca di base. Le scoperte hanno principalmente scopo commerciale e sono supervisionate dal Rospotrabnadzon, il servizio Federale di Supervisione della Protezione e del Benessere dei Consumatori.
In Italia, invece, lo Spallanzani è noto per la qualità delle ricerche di base. Avere in coltura un virus “vivo” significa poter sviluppare vaccini e farmaci da commercializzare. L’importanza dello strumento fornito ai russi, dunque, sarebbe dovuta essere stata sottolineata e avrebbe dovuto comportare royalties per lo sfruttamento commerciale del vaccino al laboratorio che ha fornito il virus, ossia lo Spallanzani. Questo è quanto puntualizzato dal virologo intervistato da Domani. La Russia avrebbe, dunque, dovuto donare o vendere a prezzo inferiore il vaccino al Paese che ha contribuito al suo sviluppo e garantire la fornitura per un certo numero di anni. Tali precisazioni non sono state inserite nel Material Transfer Agreement e, di conseguenza, lo Spallanzani e gli italiani non hanno ricevuto nulla in cambio del virus “vivo”.
Concludiamo con un’ultima puntualizzazione riguardante il documento ufficiale dell’accordo tra Spallanzani e Russia. La data di stipula risale al 14 aprile 2020 e riporte le firme di Giuseppe Ippolito (direttore scientifico) e di Rinat Maksyutov (direttore del Vector e collaboratore di Putin). Il file dice in modo chiaro che l’istituto russo riceve il virus “vivo” per poter sviluppare vaccini e farmaci contro il Covid. Allo stesso tempo, l’accordo prevede che il materiale verrà utilizzato solo per fare ricerche non commerciali. Nessuna spiegazione per questa affermazione discordante così come nessun riscontro per un lavoro compiuto da italiani gratuitamente.
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