L’opzione computo per pensionarsi in anticipo, il meccanismo, i requisiti e gli effettivi beneficiari. La guida rapida
Il computo nella gestione separata INPS è una interessante facoltà concessa ai lavoratori, che consente loro di uscire in anticipo dal lavoro. Ma occhio alle condizioni da rispettare.
Il decreto ministeriale n. 282 del 1996 all’art. 3 prevede al suo interno il cd. computo. Con questo termine ci si riferisce ad un istituto che permette agli iscritti alla gestione separata Inps, che possono far valere periodi contributivi presso:
di sommare senza alcun costo detti contributi con quelli versati nella gestione dei parasubordinati. Grazie al computo gli interessati possono accedere alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata a carico della predetta gestione. Ebbene, in virtù di questo meccanismo è possibile anticipare la pensione. Vediamo più da vicino com’è possibile.
Ricordiamo altresì che il citato computo è un istituto da non confondere con la totalizzazione di cui al d. lgs. n. 42 del 2006 o con il cumulo dei contributi previsto dalla legge n. 228 del 2012. Il citato computo consente l’accentramento nella gestione separata dell’Inps dei contributi versati in altre gestioni previdenziali obbligatorie (calcolo contributivo).
Parlare di computo e di gestione separata ha rilievo se consideriamo che quest’ultima versa soltanto prestazioni di natura contributiva e che gli assicurati possono accedere, peraltro, al pensionamento all’età di 64 anni – insieme con il versamento di almeno 20 anni di contribuzione effettiva.
Si tratta in pratica del percorso di uscita in anticipo, di cui si trova traccia nella legge Fornero e che riguarda i meri contributivi puri. Chiaramente l’anticipo è degno di nota in quanto corrisponde a 3 anni in meno rispetto ai tradizionali 67 anni.
Il computo nella gestione separata consente dunque di anticipare la pensione, in riferimento e a favore dei lavoratori che possono vantare almeno un contributo mensile versato nella gestione dei cd. parasubordinati dell’Inps.
Siamo innanzi ad una facoltà del lavoratore, ossia un’opzione che può essere esercitata o meno, al ricorrere delle specifiche condizioni che seguono:
Attenzione però. Per uscire dal lavoro a 64 anni di età, ovvero con tre anni di anticipo, è necessario che il lavoratore abbia versato un ammontare di contributi tale che il primo rateo dell’assegno – individuato con il sistema contributivo – oltrepassi di 2,8 volte il valore dell’assegno sociale, ovvero 1.310 euro circa al mese (anno in corso).
E se detto requisito non è conseguito non vi sono dubbi:
A questo punto ci si potrebbe domandare a chi l’opzione in oggetto conviene realmente. Ebbene il computo va considerato da chi ha versato pochi contributi prima del 1996. In queste circostanze le norme vigenti consentono di andare in pensione a 64 anni, senza obbligo di riscattare la laurea e senza particolari conseguenze dal lato previdenziale.
L’opzione computo conserva margini di convenienza anche per chi con il regime Fornero non riuscirebbe a conseguire il requisito di 20 anni di contribuzione per la pensione di vecchiaia.
Inoltre coloro che hanno fatto e completato l’università debbono ricordare che i requisiti contributivi per l’esercizio del computo nella gestione separata – ovvero 15 anni di contributi versati – possono essere conseguiti anche in virtù dell’opzione del riscatto agevolato della laurea. Tuttavia l’interessato dovrà valutare l’opportunità di sostenere un onere di riscatto piuttosto elevato (nell’ordine di alcune decine di migliaia di euro).
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