Niente di concreto in merito alla riforma pensioni; a oggi l’argomento è passato in secondo piano. L’ipotesi più realistica è una pensione anticipata in due tempi.
Complice la crisi Ucraina l’impegno del governo alla riforma dell’attuale regime previdenziale è arrivata a portare sul tavolo diverse ipotesi tutte da confermare.
Nulla di ufficiale neanche nel DEF approvato poco tempo fa. Di riforma pensioni non si fa accenno, ma nelle ultime settimane sono continuati gli incontri tra governo e parti sociali. A gennaio e febbraio 2022 e almeno prima dell’emergenza Ucraina il Governo sembrava intenzionato a definire la riforma delle pensioni e approvarla entro il 2022.
Al 31 dicembre 2020, i pensionati italiani erano pari a circa 16 milioni, di cui 7,7 uomini e 8,3 donne. Dal punto di vista delle spese le prestazioni previdenziali rappresentano l’81% del totale e quelle assistenziali il 19%. La categoria più numerosa è rappresentata dalle pensioni di anzianità/anticipate con il 30,9% del totale, seguita da quella delle pensioni di vecchiaia con il 24,5% e dalle pensioni ai superstiti con il 20,5%.
Sul tavolo rimangono a oggi ipotesi per potere riformare una struttura previdenziale altrimenti destinata a diventare sempre più insostenibile. Dato l’attuale trend demografico tra le soluzioni immaginate quella di una “pensione a due tempi“. Una forma di pensionamento anticipato, che quindi renderebbe possibile l’uscita dal mondo del lavoro prima dei 67 anni.
Il meccanismo della “pensione a due tempi” prevede che una parte della pensione, quella contributiva, venga erogata prima dei 67 anni. La seconda parte invece, valida per la quota retributiva, è integrata quando si raggiungono i requisiti stabiliti per la pensione di vecchiaia.
In questo modo una volta raggiunta la pensione di vecchiaia al lavoratore spetterebbe l’assegno pieno, comprensivo di quota retributiva e contributiva. Intanto il lavoratore pensionato anticipatamente creerà in modo indiretto un nuovo posto di lavoro agevolando il ricambio generazionale. Pasquale Tridico, presidente dell’Inps l’ha descritta come l’unica soluzione “davvero flessibile e finanziariamente compatibile”.
Secondo le stime dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, sarebbero circa 203 mila le pensioni aggiuntive attivabili tra il 2022 e il 2024.
Per poter andare, in pensione in due tempi, bisognerà comunque raggiungere almeno i 63 o 64 anni di età, aver maturato almeno 20 anni di contributi versati allo Stato e una quota contributiva di pensione di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale.
Capone in sostanza sottolinea che In Italia da 10 anni si va in pensione a 67 anni di età, mentre in Europa la media solo ora raggiunge i 63 anni. La proposta sarebbe sostenibile già ora per le casse dello Stato. Il costo stimato è di 400 milioni all’anno che farebbero impallidire il confronto con i 10 miliardi di quota 41. La sostenibilità del nostro sistema è fortemente connessa al fatto che ci sono troppe poche persone che lavorano rispetto alla platea, 23 milioni sulla popolazione totale, che iniziano inoltre spesso troppo tardi a pagare i contributi.
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