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Epidemia silenziosa in Italia che colpisce bambini, ragazzi e giovanissimi, allarme lanciato dai medici

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Dopo due anni, ancora oggi leggiamo i numeri delle vittime del Covid. Una “conta” che è diventata una inquietante routine.

Da quando il virus Sars-Cov-2 è entrato nelle vite degli abitanti di tutto il mondo, molte cose sono cambiate. E non solo a livello sanitario. L’attuale crisi economica risente proprio degli effetti della pandemia e della guerra poi. Mai nell’epoca moderna si era visto un insieme di misure restrittive così imponente.

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Ecco perché il Covid è stato equiparato ad uno “stato di guerra”. La “lotta” a questo virus ha preso dei contorni cui nessuno era preparato. Gli adulti per primi. Ma soprattutto i bambini e i ragazzi. Per capire cosa sta realmente succedendo ai nostri figli, dobbiamo fare un passettino indietro.

Bambini, ragazzi e giovanissimi ‘vittime del Covid’, una strage troppo silenziosa

È innegabile, tutti abbiamo sofferto durante il lockdown. Paradossalmente, molto di più con la seconda fase delle restrizioni, che sono durate un’eternità, quasi un anno. Passata la paura di morire tutti come fosse un’apocalisse, la scienza ha cercato una soluzione ma le persone hanno perso i punti di riferimento della vita. Lavoro, denaro, routine, ma più che altro la serenità della condivisione della vita con gli affetti e quindi la socialità.

Gli adulti sono riusciti in qualche modo a “tappare i buchi” attingendo a risorse extra, sia economiche che emotive. I nostri figli sono stati invece privati di quelle componenti fondamentali alla loro crescita e alla salute mentale. Chiusi in casa, senza poter stare con gli amici, a studiare ore e ore davanti a schermi, passando dal Pc al cellulare, dal cellulare al Pc. Con l’incubo di prendere un virus che a loro avrebbe fatto poco o nulla. Ma con i sensi di colpa di trasmetterlo ai nonni, ai genitori, ai compagni più fragili.

Sono stati relegati mesi in casa, senza poter sfogare la parte “ormonale” nello sport, nelle serate fuori. Condannati per la “movida selvaggia”, indicati e trattati come “untori e portatori di morte”. Affermazioni pesanti come macigni, fatte continuativamente da chi dovrebbe tutelare la salute (anche mentale) dei cittadini. Giudizi insostenibili soprattutto per le menti degli adolescenti, ancora in fase di costruzione, ancora molto fragili. Il risultato? Un’ecatombe di patologie psichiatriche.

Negli ultimi tempi sono aumentati i casi di depressione, i tentativi di suicidio, le azioni autolesioniste. Nei casi più “fortunati” sono stati osservati stress post traumatico, ansia, insonnia e disturbi del sonno, senso di estraneità/impotenza, paura del mondo esterno, disturbi della personalità. Il fenomeno conosciuto come “hikikomori” è in aumento. I giovani non trovano più un senso alla vita.

L’allarme degli psichiatri e dei neuropsichiatri: cosa sta succedendo ai nostri ragazzi

Problemi nell’ambito psicologico e psichiatrico, in Italia e nel mondo, ce ne sono sempre stati. Una piccola parte della popolazione – per le più svariate cause – soffre di disturbi mentali. Le patologie sono molto diverse da loro, così come le terapie che vengono poi effettuate.

Fino ad oggi, nel nostro Paese si contavano circa 2 milioni di bambini e ragazzi affetti da disturbi neuropsichiatrici. Le età variano dagli zero ai 17 anni. Durante la pandemia, i malesseri emotivi e mentali sono aumentati di più del 10%. E lo scorso maggio un nuovo allarme è stato lanciato. Il trend è in netta crescita, e negli ultimi 10 anni il numero di piccoli pazienti in psichiatria è praticamente raddoppiato.

I dati, molto allarmanti, sono stati diffusi da SINPIA, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Ciò durante la Giornata Nazionale della Promozione del Neurosviluppo. La tendenza era già in fase di avvio, ma la pandemia ha velocizzato e amplificato questo processo. Ciò che viene denunciato dai medici che lavorano nel comparto neuropsichiatrico è soprattutto l’indifferenza.

Indifferenza unita ai già presenti squilibri sociali, alle diseguaglianze, alle incertezze date da guerre e cambiamenti socio economici a livello mondiale. La pandemia, in sintesi, ha dimostrato come una diminuzione delle attenzioni collettive ai bisogni neuropsichici porti a conseguenze irrimediabili sulla salute mentale di bambini e ragazzi. Nonché sul loro sviluppo della personalità complessivo. Soprattutto per coloro che già presentavano vari tipi di vulnerabilità.

Cosa dobbiamo fare per invertire il trend

Le denunce delle varie associazioni non danno adito a dubbi interpretativi. Mancano le strutture, mancano un approccio e un sistema integrato in linea con le esigenze dei pazienti e dei loro familiari. Urge un progetto educativo, sociale e sanitario, e soprattutto un’evoluzione culturale nel comparto delle malattie psichiatriche, ancora viste come una “vergogna”.

I cittadini vengono spesso lasciati soli a gestire problematiche troppo “grandi”. Sono necessarie tempestive diagnosi e altrettanto tempestive cure e supporto di vario tipo. Economico, emotivo e progettuale. Perché chi soffre di malattie mentali ha il medesimo diritto di tutti gli altri di sviluppare le proprie potenzialità e vivere una vita dignitosa.

Siamo ancora a contare i morti da Covid, il numero di infezioni giornaliere, le percentuali di contagiosità delle varianti. Ma i ragazzi “vittime” di questo virus per ora non li conta nessuno.

Noi adulti, noi genitori, anche se non siamo esperti, possiamo dare il nostro piccolo grande contributo. Attraverso l’ascolto e l’interesse. Non dobbiamo lasciare soli i ragazzi, dobbiamo comprendere, senza giudicare, e accogliere ogni minimo segnale che ci arriva. Parliamo con loro in modo da chiedere aiuto il prima possibile, fattore fondamentale per evitare eventi estremi.

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