Shock energetico e incremento dei prezzi di produzione hanno fatto schizzare verso l’alto i costi dei prodotti alimentari. Ecco i numeri della crisi alimentare.
I dati di Eurostat mostrano che ad aprile l’inflazione generale ha toccato il 7,5%.
Gli agricoltori si trovano a fare i conti con i maggiori costi del carburante, dei fertilizzanti dell’energia e degli imballaggi. Si sconta così sui prodotti alimentari l’incertezza economica.
Tra quelli più colpiti e importanti per la dieta mediterranea i cereali. Secondo Coldiretti la produzione mondiale di cereali è quest’anno in calo di appena il 2% rimanendo la seconda più ricca dopo quella del 2021. Nonostante questo, secondo i dati della banca mondiale i prezzi del comparto alimenti e bevande saliranno quest’anno a livello globale in media del 23% dopo la crescita del 31% registrata nel 2021.
Per quanto riguarda il grano la produzione mondiale per l’anno in corso è in calo a 769 milioni, una diminuzione che incide in Europa soprattutto a causa del raccolto ucraino ridotto del 40%.
Per i consumatori italiani la pressione a salari rimasti invariati rimane alta; le aziende nel contempo cercano di evitare di scaricare a lungo i rincari alla produzione sui prodotti cercando di rimanere competitive. Per farlo riducono l’esposizione a materie prime ed energia; nonostante i tentativi, giganti come Unilever, Danone, Lactalis e Nestlé prevedono una crescita dei loro costi nella catena del valore del 10-15% quest’anno.
Quanto emerge dal bilancio tracciato dalla Coldiretti sull’impatto dell’aumento delle quotazioni sul valore della produzione mondiale è un aumento di oltre 90 miliardi di dollari nella spesa nei primi tre mesi dall’inizio della guerra in Ucraina.
L’ emergenza mondiale riguarda direttamente l’Italia: il nostro Paese importa il 64% del fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. Negli ultimi dieci anni la produzione di mais in Italia è calata di quasi il 30% e contestualmente del 20% quella di grano. Lo Stato adesso si trova nella condizione di dover intervenire sulle dinamiche del mercato e compensare finanziariamente la filiera per stimolare la crescita di queste colture.
Tra i Paesi più colpiti dall’aumento dei prezzi all’interno del continente europeo ci sono i Paesi dell’est, come Romania e Ungheria. I rincari per i generi alimentari raggiungono rispettivamente il 30 e il 20%. Peggio dell’Unione europea Usa e Canada; qui l’inflazione alimentare è maggiore rispetto alla media del continente. Secondo i dati del Dipartimento del Lavoro Usa di marzo i prezzi dei generi alimentari sono aumentati di 9,4% rispetto a un anno prima.
In generale alcuni alimenti hanno un impatto più concreto sul portafoglio essendo una parte più importante della dieta nelle famiglie; tra questi frutta, verdura, carne e latticini. La flessione dei consumi si registra quindi in modo non proporzionale rispetto all’aumento percentuale del prezzo.
Il prezzo non è l’unico fattore critico per il comparto: interruzioni nelle catene di approvvigionamento e restrizioni all’esportazione non stanno garantendo la disponibilità degli alimenti; tra questi in particolare farina e olio di girasole.
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