Il salario minimo per i lavoratori europei è stato approvato ma gli Stati non hanno alcun obbligo di attivazione. Gli italiani sono nelle mani del Governo.
Legge e direttive in autonomia, la decisione sul salario minimo europeo è stata presa e nel corso dei prossimi due anni si potrà assistere ai cambiamenti desiderati.
L’idea di un salario minimo per combattere la povertà e diminuire le differenze tra le classi sociali all’interno di una stessa nazione è allettante per tanti cittadini. In Italia, dove le retribuzioni sono le più basse d’Europa, la questione è particolarmente sentita e negli ideali delle persone il salario minimo riuscirebbe a risolvere diverse problematiche principalmente di natura economica ma anche sociale. Capire se la realizzazione del progetto porterà ai risultati realmente sperati non è semplice soprattutto perché non c’è alcuna certezza che l’Italia adotterà tale misura così come non vi è alcuna definizione precisa dell’importo di questo salario minimo.
Un futuro roseo per tutti con un salario minimo a garantire la dignità ai cittadini; una prospettiva allettante, un sogno realizzabile o un’utopia. Tanti modi per definire un progetto approvato a livello europeo nella notte tra il 6 e il 7 giugno ma ancora pieno di tante incognite. L’idea dell’Europa è di favorire salari minimi adeguati e di far sviluppare la contrattazione collettiva ma senza costringere i Paesi membri ad adottare obbligatoriamente il progetto.
La direttiva europea, infatti, regolamenta le procedure volte a garantire la sicurezza di salari minimi nei Paesi in cui già sono in vigore e promuove lo sviluppo della contrattazione collettiva nelle nazioni che ancora non hanno adottato il nuovo sistema. L’obiettivo è di definire una Legge in grado di tutelare tutti i cittadini assicurando una retribuzione dignitosa in grado di sostenere il caro vita. La proposta prevede anche un adeguamento degli stipendi all’inflazione oppure al prezzo di un paniere di prodotti di prima necessità in modo tale da garantire ad ogni persona la possibilità di vivere adeguatamente. Sarà lo Stato in autonomia a dettare condizioni e dovrà farlo nel corso dei prossimi due anni anche se, alla fine, non si sarà obbligati all’adozione del salario minimo.
Ventuno paesi su ventisette hanno, in Europa, il salario minimo. Rimangono fuori Italia, Danimarca, Austria, Finlandia, Svezia e Cipro. Gli importi dei Paesi che hanno adottato l’idea della retribuzione minima variano e sono stati decisi in autonomia. Si va dai 332 euro al mese per la Bulgaria fino ai 2 mila euro del Lussemburgo ma nella maggior parte delle nazioni si attesta sui mille euro.
A queste nazioni è richiesto un aggiornamento degli importi nel corso dei prossimi anni mentre chi non ha ancora adottato il salario minimo dovrà provvedere con il definire un piano di sviluppo delle contrattazione collettive. Questo è un punto fondamentale per arrivare ad una conclusione che favorisca tutti i cittadini. Le parti sociali devono essere coinvolte e la questione deve essere affrontata su più fronti per delineare i contorni di un progetto di stipendio minimo che possa rendere la nazione più “civile” con la tutela della dignità di ogni cittadino. Cosa farà l’Italia? Per ora si è parlato di una retribuzione minima di 9 euro all’ora ma sono solo parole al vento che dovranno diventare inchiostro fresco nell’arco di due anni sperando, poi, in una vera attuazione del progetto.
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