La Suprema Corte ha spiegato un caso concreto in cui vale la conversione d’ufficio della domanda di pensione di vecchiaia. I dettagli.
La Corte di Cassazione ha fatto chiarezza circa la domanda di pensione di vecchiaia in regime di salvaguardia pensionistica, chiarendo che se sono stati maturati i requisiti ordinari l’istituto deve convertirla d’ufficio in domanda di pensione di vecchiaia ordinaria.
Come non di rado accade, la Corte di Cassazione offre interessanti chiarimenti in merito all’interpretazione delle norme di legge, specialmente negli aspetti più tecnici e su cui possono addensarsi i maggiori dubbi. Ebbene, un recente orientamento della Suprema Corte indica che se sono stati maturati i requisiti ordinari, l’Istituto deve convertire la domanda di pensione di vecchiaia in regime di salvaguardia pensionistica – senza obbligare l’interessato a fare un’altra domanda.
In altre parole, la presentazione di una domanda di pensione di vecchiaia in regime di salvaguardia pensionistica è da ritenersi equivalente alla presentazione di una domanda di pensione di vecchiaia ordinaria. In ragione di ciò, l’istituto di previdenza deve convertire la domanda d’ufficio e mandare in pensione l’interessato, senza allungare l’iter facendolo gravare sullo stesso pensionando.
Peraltro, su questi temi registriamo un consolidato orientamento della giurisprudenza – e non soltanto della Corte di Cassazione – che si è affermato negli anni successivi al varo della legge Fornero.
Le precisazioni dei giudici su temi quali la salvaguardia pensionistica e la domanda di pensione ordinaria sono legate ad eventi concreti di certo non rari. Pensiamo infatti al caso di chi, tra i lavoratori, abbia presentato una domanda di pensione di vecchiaia in regime di salvaguardia pensionistica ex legge n. 214 del 2011, ma senza averne gli opportuni requisiti, oppure senza allegare la documentazione richiesta. In tali circostanze la conseguenza è il respingimento della domanda in oggetto da parte dell’istituto di previdenza.
Attenzione però: è proprio questo il passaggio su cui la Cassazione ha offerto utili chiarimenti. Il respingimento della domanda, infatti, non esenta l’INPS dall’acclarare l’eventuale maturazione dei requisiti pensionistici ordinari (ovvero senza il meccanismo della salvaguardia pensionistica).
Proprio la Cassazione negli ultimi anni ha avuto modo di precisare che:
Come accennato sopra, la Suprema Corte ha spiegato che la domanda di pensione di vecchiaia in regime di salvaguardia pensionistica può ritenersi come una domanda di vecchiaia ordinaria: conseguentemente, se vi sono i requisiti per la pensione di vecchiaia ordinaria l’istituto deve convertire d’ufficio la domanda.
Ciò sarà vantaggioso per colui che attende la pensione, in quanto gli permetterà il pensionamento senza indugio, alla maturazione dell’età pensionabile. Attenzione però: l’agevolazione in oggetto scatta soltanto per le prestazioni di vecchiaia, siccome queste ultime decorrono non dal giorno della domanda, ma dal giorno di maturazione dei requisiti. Perciò questo meccanismo non vale per le pensioni di anzianità.
Per chiarezza, riassumiamo ora quanto chiarito dalla Cassazione: l’interessato può avere i requisiti per la pensione a prescindere dalla salvaguardia. Sarà l’Inps a fare le valutazioni e analisi del caso e, se opportuno, sarà tenuta a convertire d’ufficio la domanda in pensione ordinaria, permettendo all’interessato di andare in pensione senza aggravi burocratici e senza dunque una nuova ed autonoma domanda di pensione.
A completamento di quanto sopra, vediamo infine in sintesi come si fa a fare domanda di pensione di vecchiaia, ovvero con quali modalità l’interessato può presentarla all’INPS:
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