Il TFR è quello che un tempo si chiamava “indennità di anzianità” e prevede, tra l’altro, l’anticipazione di una parte degli importi.
L’ISTAT, Istituto centrale di statistica con un comunicato del 16 giugno rende noto l’Indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
L’Indice si riferisce al mese di maggio 2022 e sulla sua base si determinano i coefficienti di rivalutazione del trattamento di fine rapporto (TFR) e dei crediti di lavoro. Ma come si calcola?
Con la legge numero 297 del 25 maggio 1982, ma entrata in vigore il 1° giugno, il trattamento di fine rapporto (TFR) ha sostituito l’indennità di anzianità. In realtà, non ha modificato solo il nome ma anche alcuni aspetti nella disciplina. Si tratta di un elemento della retribuzione il cui pagamento è posticipato a un momento successivo rispetto a quello della prestazione lavorativa.
Il TFR dovrà essere versato al lavoratore anche in caso di cessione del rapporto di lavoro, sempre se questi non abbia deciso di versarli in un fondo pensione complementare. Inoltre, non è soggetto a contributi previdenziali ma è tassabile.
È formato dalla somma di accantonamenti annui di una quota di retribuzione che è rivalutata periodicamente. Il coefficiente di rivalutazione di maggio 2022 delle quote del TFR accantonata al 31 dicembre 2021 è 3,3732345. Infatti, l’Indice è stabilito in 110,6 e sarà valido dal 15 maggio al 14 giugno 2022. In rialzo rispetto al mese precedente.
Ecco un riepilogo dei valori relativi al mese di maggio 2022:
Il TFR si calcola, salvo diverse indicazioni previste dai contratti collettivi CCNL, sommando per ogni anno di lavoro una quota equivalente. Questa non deve essere superiore all’importo della retribuzione annua divisa per 13,5.
Inoltre, ogni anno il TFR subisce una rivalutazione delle somme maturate applicando: un tasso fisso dell’1,5% e una quota variabile del 75%. Quest’ultima è il valore dell’aumento dei prezzi al consumo, accertato dall’ISTAT rispetto a dicembre 2021.
Ecco un esempio di calcolo della rivalutazione del TFR. Le quote accantonate fino a dicembre del 2021 sono rivalutate utilizzando il coefficiente in vigore al momento della cessazione. Poi sul totale si applica il 17%, ovvero l’imposta sostitutiva. Al totale ottenuto si somma il TFR maturato nell’anno di riferimento (2022) e, in seguito, si sottrae il contributo dovuto al fondo pensione INPS.
A proposito dell’imposta sostitutiva si ricorda che questa si calcola e si detrae dal TFR al termine del periodo di imposta, così come stabilito dalla legge 190/2015.
Il versamento dovrà essere effettuato entro:
In caso di cessazione del rapporto di lavoro durante l’anno, entro il 16 febbraio si versa anche l’imposta sostitutiva trattenuta precedentemente. L’imposta sostitutiva non è dovuta per coloro che hanno aderito a un fondo previdenziale complementare.
Un lavoratore che per almeno 8 anni ha lavorato presso lo stesso datore di lavoro può chiedere un anticipo sul trattamento di fine rapporto, purché non sia superiore al 70%. La richiesta però andrà fatta una sola volta nel corso del rapporto lavorativo.
La motivazione dell’anticipo del TFR deve essere giustificata dalla necessità:
Infine, così come stabilito dall’articolo 2122 del Codice civile, in caso di decesso del lavoratore, il TFR maturato sarà versato al coniuge e ai figli, oppure ai parenti entro il terzo grado purché siano a carico del lavoratore. In questo caso, si tratta di un’indennità sostitutiva o indennità mortis causa.
Per ulteriori informazioni si rimanda alla lettura del Comunicato ISTAT 16 giugno 2022.
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