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Economia

Trasferimento con Legge 104: sì per assistere il padre disabile, arriva la svolta inaspettata

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In tema di legge 104, una recente sentenza del tribunale di Messina sezione Lavoro garantisce i diritti di una lavoratrice. I dettagli.

Un’assistente giudiziario consegue il diritto al trasferimento provvisorio per assistere il padre disabile, grazie ad una sentenza del tribunale di Messina. La soluzione ora potrebbe applicarsi a tante altre situazioni simili.

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Come già diverse volte abbiamo avuto modo di ricordare in queste pagine, le sentenze dei giudici non di rado spiccano perché contengono indicazioni che – al di là del caso concreto sottoposto all’attenzione del magistrato – valgono per la collettività.

In particolare, un recente provvedimento del giudice del lavoro di Messina ha indubbia importanza in tema di legge 104, assegnazione provvisoria e interpello.

Ebbene, il Tribunale di Messina sezione Lavoro ha accolto un ricorso fatto da una assistente giudiziaria e questi ha così ottenuto il trasferimento provvisorio, per assistere il padre disabile, da Civitavecchia a Messina. Vediamo alcuni dettagli della sentenza dello scorso 21 giugno, che ha tutti i presupposti per creare un precedente.

Legge 104 e assegnazione provvisoria: il caso concreto

Il caso finito in tribunale in Sicilia ha visto protagonista un’assistente giudiziaria, la quale ha ottenuto l’assegnazione provvisoria a Messina, ovvero nelle vicinanze di casa, a causa delle sue funzioni di cura e assistenza nei confronti di un familiare disabile.

Ha rilievo il fatto che detto diritto all’assegnazione provvisoria è stato attribuito dal Tribunale del Lavoro di Messina, nonostante che l’assegnazione non sia avvenuta con interpello. Si è trattato di un ricorso contro il Ministero della Giustizia, che si era opposto alla volontà della donna.

La vicenda concreta ci indica che l’assistente giudiziaria, assunta presso il Tribunale di Civitavecchia, in un primo tempo aveva conseguito l’assegnazione temporanea alla Procura della Repubblica dei Minori di Messina, in cui il posto era scoperto. Tuttavia l’assistente giudiziaria avrebbe dovuto rientrare presso la sede principale, nonostante il padre disabile a Messina.

In considerazione di ciò, con il supporto del suo avvocato, la donna aveva domandato l’applicazione della legge 104, al fine di vedersi confermato il diritto di rimanere a Messina. E’ giunto il no del Ministero della Giustizia: ciò per il motivo secondo cui l’accordo sindacale raggiunto nel luglio 2020 include la possibilità di effettuare detta richiesta di coprire il posto scoperto solo con interpello.

Il giudice del lavoro di Messina dà ragione alla donna e riconosce la tutela legge 104

L’avvocato dell’assistente giudiziaria ha in particolare sottolineato che impedire tale opportunità alla donna significherebbe ledere il diritto del padre ad essere assistito. Per questo motivo nel tutelare le richieste della donna, il legale ha richiamato l’art. 13 di un accordo quadro già usato dal Ministero per sostenere il suo no. Il testo infatti, secondo la tesi del legale, consentirebbe invece le procedure di mobilità ex legge 104, anche al di fuori dell’interpello.

Ebbene, quanto sostenuto dall’avvocato dell’assistente giudiziario è stato condiviso dal Tribunale del Lavoro di Messina. In buona sostanza per il Ministero, costituitosi in giudizio per chiedere il rigetto, la pronuncia è stata negativa: l’assistente giudiziaria potrà continuare a sfruttare il trasferimento presso la Procura dei minori della città siciliana.

A questo punto, è legittimo aspettarsi che questa decisione apra un ‘varco’ e che costituisca un precedente, sul quale potranno appoggiarsi tante altre simili richieste di applicazione della legge 104.

Concludendo, ricordiamo che la legge 5 febbraio 1992, n. 104 rubricata legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate consiste in una legge della Repubblica Italiana. Essa detta i principi dell’ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona disabile. Vero è che, al di là del dettato normativo, in casi come quello visto sopra la giurisprudenza è in grado di garantire una sfera di tutela di una certa ampiezza, a favore del lavoratore o della lavoratrice. Perciò ben si comprende il percorso che, dall’iniziativa della donna, ha portato alla sentenza sopra indicata.

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