I sindacati propongono un pensionamento a 64 anni esteso rispetto alla versione odierna, ma il rischio concreto è la penalizzazione assegno.
I sindacati spingono per l’estensione a tutti del meccanismo della pensione a 64 anni con 20 di contributi, ma ciò comporterebbe una penalizzazione dell’assegno per i beneficiari anche fino al 18%.
Il cantiere pensioni continua a non indicare l’imminente definizione di una riforma previdenziale, pur assai auspicata da sindacati, imprese e cittadini. Di certo però il PNRR e gli obiettivi fissati dalla UE vorrebbero l’adozione di nuove norme, che siano in grado di cambiare e rinnovare radicalmente il mondo previdenziale in Italia, ma per il momento la situazione permane invariata e incerta.
Insomma, nessuna decisione sostanziale è stata presa in ambito riforma pensione, ma per lo meno continuano ad aversi proposte e ipotesi. Il punto è che a fine anno, laddove le cose restino tali e quali, la conseguenza sarà il ritorno della legge Fornero, in coincidenza con la scadenza di Quota 102.
Ecco perché i sindacati vogliono spingere sul pensionamento a 64 anni ed hanno dato alcune indicazioni di rilievo. Facciamo allora il punto su questi argomenti e su cosa potrebbe accadere nei prossimi tempi sul fronte previdenziale.
Abbiamo appena accennato alla legge Fornero ed in effetti, per coloro che intendono andare in pensione appena possibile, non si tratta di un meccanismo vantaggioso. Secondo questa legge, infatti, il pensionamento scatta:
Il punto è dunque come fare ad andare in pensione prima dei 67 anni: tranne i casi di applicazione di Quota 41, le possibilità al momento non sono così tante.
Di concreto c’è l’iniziativa della pensione a 64 anni, sorretta dai sindacati: questi infatti vorrebbero quanto prima un confronto con l’Esecutivo, al fine di parlare dei nuovi scenari pensionistici – e in particolare dell’ipotesi di una pensione a 64 anni ‘allargata’, con almeno 20 anni di contributi. Chiaramente l’intento è arginare il ritorno della legge Fornero.
Lo schema del pensionamento a 64 anni, sopra indicato, in verità è già valevole per i cd. contributivi puri, i quali possono accedere alla pensione anticipata contributiva con i requisiti citati.
Allargare detta possibilità a tutti comporterebbe però, come conseguenza per chi è sottoposto al sistema misto, il ricalcolo contributivo dell’assegno.
E proprio in base ai calcoli eseguiti dagli esperti in materia di pensioni, scatterebbe una penalizzazione sull’assegno di circa il 3% per ciascun anno di anticipo. Ecco perché la riduzione totale dell’assegno non darebbe luogo ad una perdita al di sopra del 10%.
Tuttavia, potrebbero esservi conseguenze più negative per chi ha versato almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. In dette circostanze, infatti, il taglio dell’assegno andrebbe a toccare ben il 18%. La spiegazione ovviamente è tecnica: per questi soggetti il calcolo retributivo attiene a tutti i contributi versati fino alla fine del 2011.
Abbiamo visto che la possibilità generalizzata di uscita flessibile dal lavoro non è un obiettivo di certo facile da conseguire. Di fatto ne beneficerebbero moltissimi, grazie ad un requisito anagrafico inferiore rispetto all’età pensionabile ordinaria ed un requisito contributivo più leggero rispetto alla pensione anticipata ordinaria.
Di fatto oggi vi è però la possibilità di sfruttare il meccanismo della cd. pensione anticipata contributiva, a partire dai 64 anni di età così come previsto dalla legge. Detto trattamento pensionistico prevede indubbi vantaggi per il percettore e può essere conseguito con:
Infine, rimarchiamo che attualmente la possibilità di accesso a questo meccanismo vantaggioso è generalizzata per i lavoratori senza contribuzione al 31 dicembre 1995. Invece è limitata gli optanti per il computo presso la Gestione Separata INPS, per i soggetti che hanno almeno un contributo accreditato prima del 1996.
Concludendo, su questi delicati e complessi temi non resta che attendere i prossimi sviluppi del confronto Governo-sindacati. Questi ultimi, lo ribadiamo, intendono allargare la platea dei beneficiari della pensione a 64 anni con almeno 20 anni di contributi.
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