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Economia

La banca può comunicare i dati del tuo conto corrente a terzi? La risposta stupisce e non lascia dubbi

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La legge sulla privacy nasce come strumento per proteggere la propria riservatezza e difendersi da coloro che non la rispettano.

L’articolo 1 del testo unico afferma che “chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano”.

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Secondo un caso esaminato recentemente dal Garante per la privacy, una banca non ha rispettato l’articolo 1. Ecco i dettagli di questa incredibile vicenda.

Privacy: può la banca comunicare i dati del conto corrente a terzi un tempo autorizzati? La risposta non è scontata

Una ragazza denuncia la propria banca perché avrebbe comunicato i dati del proprio conto corrente a terze persone nello specifico al padre. Questo però non era più autorizzato per l’avvenuta maggiore età della cliente.

Il compito della banca è quello di verificare periodicamente i dati che forniscono i clienti. Compreso la comunicazione a terzi dei propri movimenti sul conto corrente. Attenzione però perché si rischia una multa fino a 6mila euro se non controlli in banca questa cosa.

Nel caso specifico, la ragazza nel frattempo era diventata maggiorenne e per questo motivo il genitore aveva perso la facoltà di controllo del conto corrente. L’istituto bancario non ha negato ciò che era contenuto nella denuncia ma nello stesso tempo si è giustificata invocando la buona fede del dipendente.

Infatti, per la banca l’impiegato aveva consegnato al padre della cliente una copia dei movimenti del conto corrente come aveva sempre fatto in precedenza. Il padre, infatti, esercitava la podestà genitoriale fino al compimento dei 18 anni. Inoltre, essendo l’uomo un ex dipendente proprio della banca, l’impiegato pensando che fosse ancora autorizzato gli ha consegnato i dati contabili. Nonostante nel frattempo la figlia fosse diventata maggiorenne.

Conclusioni del Garante

Secondo il Garante della privacy queste giustificazioni non insufficienti. Infatti, ha giudicato illecito il comportamento non solo dell’impiegato ma della banca stessa. Per questo motivo ha dichiarato fondato il reclamo della ragazza.

Inoltre, non ha accettato neanche la buona fede. Questa può essere accettata laddove le circostanze facciano pensare all’autore dell’illecito che non ci sia niente altro da fare. Oppure, che ciò che sta facendo è giusto e ha fatto il possibile per rispettare la legge.

Per questo motivi, il Garante ha multato la banca con una sanzione di 100mila euro. Anche perché l’istituto di credito si è dimostrato recidivo sull’argomento avendo già in passato affrontato un provvedimento simile.

Infatti, la banca non avrebbe fornite al proprio personale istruzioni adeguate e aggiornate riguardo alle richieste di accesso ai dati bancari.

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