In tema di pensioni ai superstiti, la sentenza della Consulta n. 162 del 2022 protegge i diritti dei beneficiari. Ecco come.
La Corte Costituzionale ha proseguito sull’orientamento già tracciato dal TAR Lazio. Va contro il principio di ragionevolezza ridurre le pensioni oltre la misura dei redditi incassati. I dettagli della sentenza chiave.
La posizione del superstite va protetta con riferimento ai suoi diritti in materia pensionistica. Recentemente la Corte Costituzionale ha ritenuto condivisibile quanto indicato TAR Lazio lo scorso anno, in tema di pensioni, reversibilità e redditi aggiuntivi del superstite.
Secondo quanto chiarito dalla Consulta, non si può ridurre la pensione oltre la misura dei redditi incassati, poiché ciò altrimenti condurrebbe ad un danno per il superstite stesso.
In altre parole, il taglio della pensione ai superstiti, in circostanze di cumulo del trattamento con altri redditi, non può essere al di sopra dei redditi conseguiti. Vediamo più da vicino qualche dettaglio di questa pronuncia della Corte, che sicuramente ha rilievo in materia di pensioni ai superstiti.
Ricordiamo che, in base alla legge, la pensione ai superstiti consiste in una prestazione economica versata ai familiari dell’assicurato, in ipotesi di sua morte. Ciò in quanto, al decesso di un pensionato o di un lavoratore assicurato, alcuni dei suoi familiari hanno diritto ad un trattamento economico.
E’ evidente d’altronde la finalità di garantire una forma di supporto ai familiari della persona deceduta – pensiamo al coniuge e ai figli anzitutto. Grazie alla pensione ai superstiti, è possibile proteggere le esigenze di vita e agevolare le spese quotidiane.
In tema di pensioni ai superstiti, il principio affermato dalla Corte Costituzionale è incluso nella sentenza n. 162 del 2022, con cui in particolare questo giudice ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell’art. 1, comma 41 della legge n. 335 del 1995 (cd. Riforma Dini). Come detto, la pronuncia ha contenuti non dissimili da quanto già osservato dal Tar Lazio nel 2021, di cui ne condivide di fatto la tesi.
La sentenza della Corte Costituzionale fa riferimento alle regole di legge, che indicano la misura delle riduzioni applicabili alle pensioni ai superstiti – in caso di altri redditi da parte del titolare.
La Riforma Dini è di riferimento su questo punto, in quanto ha indicato la regola per la quale se la vedova o il vedovo hanno redditi:
Attenzione però: sussiste altresì una norma di garanzia secondo cui non si dà luogo a queste riduzioni, laddove nel nucleo familiare superstite vi siano figli minori, studenti o inabili.
Opera poi la cd. ‘clausola di garanzia’, vale a dire una norma di salvaguardia che tutela i pensionati aventi diritto, i quali posseggono redditi in misura di poco sopra al limite massimo della fascia immediatamente anteriore a quella nella quale si colloca il reddito vantato.
Se quello appena visto è il quadro normativo di sintesi, in tema di pensioni ai superstiti e riduzioni, la Corte Costituzionale ha però inteso precisare il suddetto principio:
Chiaro che detta ragionevolezza non è rispettata se sono ammesse riduzioni delle pensioni di reversibilità, oltre la misura dei redditi aggiuntivi conseguiti dal titolare nell’anno di riferimento.
“Risulta alterato, in tal modo, il rapporto che deve intercorrere tra la diminuzione del trattamento di pensione e l’ammontare del reddito personale goduto dal titolare, il quale si trova esposto a un sacrificio economico che si pone in antitesi rispetto alla ratio solidaristica propria dell’istituto della reversibilità”, queste le parole delle Corte Costituzionale – la quale ha spiegato che in tali circostanze sarebbe violato il principio di ragionevolezza.
Ciò darebbe luogo ad un danno e ad un sacrificio economico sproporzionato per il beneficiario della pensione ai superstiti.
Alla luce di quanto visto finora, nella sentenza sopra richiamata la Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 1, comma 41 della legge n. 335 del 1995 nella parte nella quale, in ipotesi di cumulo tra il trattamento pensionistico ai superstiti e i redditi aggiuntivi del beneficiario, non prevede che il taglio della pensione non possa essere operato in misura superiore alla concorrenza dei redditi stessi.
Di fatto ciò non appare congruo rispetto alla piena applicazione del principio di ragionevolezza, e comporterebbe rischi di pregiudizio economico per il percettore della pensione di reversibilità.
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