Il XXI Rapporto annuale dell’Inps presentato alla Camera dal presidente dell’Istituto, Pasquale Tridico, è molto dettagliato e con i numeri reali spiega la situazione attuale in tema pensioni e quali sono le necessità per gli anni a venire.
Il dibattito sul futuro del sistema pensionistico è tuttora aperto e si tratta di un cantiere da quale non sono ancora uscite soluzioni effettive, per una riforma strutturale del mondo previdenziale. Intanto, l’Inps ha reso noto che per le pensioni, nel 2021, vi è stato lo stanziamento di assegni per ben 312 miliardi.
In questo periodo si discute in particolare sui costi della flessibilità e delle modifiche da dare al sistema pensioni dopo la fine di Quota 102 prevista a fine anno (come già fu Quota 100 un’esperienza a termine). C’è poi anche il problema del gender gap, ovvero della differenza tra sesso maschile e femminile, per quanto riguarda il reddito pensionistico.
Il punto è inoltre capire quale sia il percorso da fare per garantire sostenibilità all’intero sistema previdenziale. Tra le ipotesi anche quella del riscatto gratuito degli anni universitari ai fini pensionistici e il rafforzamento delle misure in tema di previdenza complementare e dell’APE sociale.
Tanti i temi sul tavolo, insomma, e il Rapporto annuale Inps, presentato qualche giorno fa dall’istituto, sicuramente dà diverse utili indicazioni e offre spunti per avere un quadro più nitido della situazione attuale in tema pensioni e delle necessità per il futuro.
Nel citato Rapporto l’istituto di previdenza ha chiarito con i numeri reali il quadro generale in materia pensionistica. A circa 16 milioni di pensionati, di cui 8,3 milioni donne e 7,7 uomini, i trattamenti previdenziali – per un importo lordo complessivo di 312 miliardi lo scorso anno.
Nel 2021 sono stati erogati ben 20,8 milioni di trattamenti previdenziali, invece i pensionati hanno toccato il numero pari a circa 16 milioni. E’ chiaro dunque che c’è una fetta non indifferente di persone che incassa più di una prestazione.
Nel documento emerge che quasi il 40% dei pensionati ha un reddito al di sotto dei 12mila euro lordi all’anno, ma soprattutto l’istituto lancia l’allarme sulla tenuta del sistema previdenziale nei prossimi 8-10 anni. Inps ha infatti stimato che nel 2029 potrebbe avere a che fare con un patrimonio netto in negativo per 92 miliardi: un ‘rosso’ che è stata stimato, tenendo conto della previsioni demografiche dell’Istat e di quelle presenti nei documenti di finanza pubblica. Sicuramente siamo innanzi ad una prospettiva che non fa stare tranquilli e che getta ombre sulle future prestazioni pensionistiche.
Soprattutto nell’analisi dell’istituto emerge il problema della sostenibilità del sistema nel medio-lungo termine. A questo tema si collega quello della flessibilità e proprio Inps ha indicato tre possibili soluzioni per rendere più flessibile il sistema previdenziale già dal prossimo anno, in coincidenza con la fine di Quota 102.
Si tratta in estrema sintesi dell’opzione ‘al calcolo contributivo’, dell’uscita anticipata con penalizzazione e della “proposta Tridico”, con anticipo della sola quota contributiva delle pensioni a 63 anni d’età anagrafica e con 20 anni di contribuzione versata, per poi recuperare la fetta retributiva al raggiungimento dei requisiti di vecchiaia.
Secondo l’istituto di previdenza ognuna delle tre proposte sarebbe fattibile sul piano dei costi, contribuirebbe a ridurre l’impatto sui conti pubblici e consentirebbe dunque di recuperare sostenibilità, per un sistema previdenziale che non può restare tale e quale. Nel Rapporto Inps 2022 non a caso si sottolinea che la sostenibilità del patto intergenerazionale è un requisito molto importante per ‘salvare’ la previdenza in Italia.
Senza contare quanto sottolineato nel dossier con riferimento alla questione del divario di genere. Infatti nel 2021 la differenza tra uomini e donne nel reddito pensionistico è stata di più di 6mila euro: urge intervenire anche su questo fronte, insomma.
All’interno del Rapporto annuale Inps l’istituto ricorda inoltre che a fine 2022 si concluderà l’esperienza a tempo limitato di Quota 102, che dall’inizio di quest’anno ha preso il posto di Quota 100. Il punto è che se entro la fine di dicembre le istituzioni e le parti sociali non si accorderanno e vareranno nuove misure di riforma delle pensioni, da gennaio 2023 la sicura conseguenza sarà il ritorno all’applicazione tout court della legge Fornero. Ecco perché l’Inps si augura positivi sviluppi dal confronto tra governo e sindacati.
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