Non tutti sanno che è possibile ottenere una riduzione del pignoramento e ricevere, così, uno sconto sul debito da saldare.
Nel caso in cui non si paghi un finanziamento ricevuto da un istituto di credito o da una finanziaria, si può andare incontro al pignoramento dei beni mobili o immobili.
Il pignoramento consiste in quell’atto esecutivo attraverso il quale ha origine l’espropriazione forzata dei beni del debitore inadempiente. Può essere di vari tipi, a seconda dell’oggetto; ad esempio, c’è il pignoramento immobiliare, che riguarda case ed edifici di proprietà del debitore, quello mobiliare, su cose mobili, quello presso terzi (come il pignoramento dei crediti o del conto corrente).
Lo scopo di tale istituto giuridico è quello di usare i beni di proprietà del debitore per ripagare il creditore e tutti gli altri aventi diritto, durante il processo esecutivo.
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Il pignoramento, dunque, è un vincolo giuridico, perché il debitore può continuare ad usare i beni pignorati, ma non può, in alcun modo, vederli, eliminarli o rovinarli.
L’atto esecutivo con il quale ha origine deve includere l’invito al debitore di scegliere se sostituire i beni pignorati con una somma di denaro, di pari valore, e soddisfare, in tal modo, il creditore. Tuttavia, tale operazione è consentita solo fino a quando un atto di precetto non disporrà la vendita all’asta dei beni pignorati.
Se, poi, tali beni dovessero essere insufficienti a coprire il debito, allora gli ufficiali giudiziari chiederanno al debitore di selezionare ulteriori beni del proprio patrimonio, per procedere a nuovo pignoramento.
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Le due tipologie principali di pignoramento sono quello mobiliare e quello immobiliare.
Il primo ha per oggetto i beni mobili del debitore, come, ad esempio, le automobili o gli oggetti che si trovano in casa. Spetta agli ufficiali giudiziari competenti individuare quali beni mobili di proprietà del debitore sono in grado di liquidare il creditore. Per iniziare tale procedura è necessaria la notifica dell’atto di precetto.
Il pignoramento mobiliare è regolato dalle norme contenute nel Capo I del Titolo II del Libro III del codice di procedura civile.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 516 del codice di procedura penale, non tutti i beni mobili del debitore possono essere oggetto di pignoramento. Gli ufficiali giudiziari, quindi, devono seguire precise regole. Innanzitutto, gli oggetti pronti e di facile liquidazione hanno la precedenza; rientrano tra questi il denaro contante, i titoli di credito, gli oggetti preziosi, eventuali mobili di valore.
Il pignoramento immobiliare, invece, può esserci solo se il debitore è proprietario di case o terreni, debitamente individuati attraverso apposita indagine presso gli archivi dell’Agenzia delle Entrate.
È bene sottolineare che non tutti i beni possono essere pignorati. Sono, infatti, necessariamente sottratti alla procedura:
L’articolo 496 del codice di procedura civile prevede la riduzione del pignoramento. Essa può avere luogo solo se il debitore dimostra che il bene pignorato ha un valore maggiore del debito da pagare. Solo in questo caso, infatti, la legge prescrive l’esclusione del bene in questione dalla procedura di pignoramento.
La normativa della riduzione ha lo scopo di non cagionare un danno ingiusto al soccombente. Il diritto del creditore di ottenere quanto gli spetta, infatti, deve essere proporzionato alla somma spettante e non deve comportare ingiustizie nei confronti del debitore, privandolo impropriamente di beni che hanno un valore superiore.
Se il giudice accerta che i beni pignorati hanno un valore maggiore del credito, emette un’ordinanza, accertando la riduzione del pignoramento. I beni inizialmente espropriati, quindi, vengono liberati e ritornano nella disponibilità del debitore insolvente.
Nel caso contrario, invece, l’istanza del ricorrente viene rigettata.
Una volta che il pignoramento è stato ordinato, si può evitare che questo colpisca i mobili di casa?
A tal fine, bisogna verificare il contenuto del verbale, che deve indicare tali elementi:
Proprio l’ultimo elemento consente di evitare la procedura, anche dopo l’emissione dell’atto esecutivo. La norma, infatti, prevede la conversione dell’esecuzione forzata dei beni in pagamento del debito.
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