I lavoratori invalidi che svolgono attività lavorativa possono accedere a vari riconoscimenti di inabilità o invalidità.
Vale sia per i lavoratori del settore privato sia per i lavoratori del settore pubblico. Inoltre, questi riconoscimenti sono compatibili con l’invalidità civile.
Ciò significa che appartenere a una delle categorie tra invalido civile, cieco civile oppure sordo civile non impedisce a questi la possibilità di avere un riconoscimento di inabilità al lavoro da parte dell’INPS o da altri enti previdenziali.
Riguardo all’INAIL e alla relativa causa di servizio, la situazione è diversa. Infatti, l’INAIL non riconosce l’invalidità civile se è già stata riconosciuta una invalidità sul lavoro o per causa di servizio per la stessa causa invalidante. Ma neanche per la stessa patologia o infermità.
Invece, qualora l’infermità per causa di lavoro o servizio non sia mai stata riconosciuta sarà possibile inoltrare domanda di accertamento per invalidità civile.
Il riconoscimento di inabilità presuppone che il richiedente sia un lavoratore e prevede trattamenti economici diversificati in base a chi li eroga: enti di previdenza, come INPS/ex Inpdap, oppure istituti assicurativi obbligatori.
Per accedere ai diversi trattamenti economici il lavoratore disabile deve avere determinati requisiti. Tra questi ci sono gli anni di contribuzione oppure l’età anagrafica. Questi requisiti sono importanti perché sono quelli che ogni trattamento pensionistico richiede.
Dalla pensione anticipata alla pensione di vecchiaia fino alla pensione di inabilità al lavoro. Ma anche per altre prestazioni previdenziali.
Discorso diverso per la pensione di reversibilità sia diretta sia indiretta. In questo caso, sono i familiari superstiti del pensionato o assicurato deceduto che devono possedere i requisiti previsti dalla normativa vigente.
È importante ricordare che i trattamenti economici pensionistici sono diversi in base all’ente previdenziale di appartenenza. Infine, i trattamenti pensionistici sono denominati “prestazioni previdenziali” perché presuppongono una posizione assicurativa e contributiva dell’interessato.
I Regolamenti comunitari in materia di libera circolazione dei lavoratori in tutti i Paesi dell’Unione europea garantiscono l’assicurazione contro la vecchiaia o la pensione per attività lavorativa (invalidità o morte). Ma anche l’assicurazione per gli infortuni sul lavoro, la disoccupazione, assistenza in caso di malattia o maternità. E altre prestazioni familiari.
In questo modo si tutelano i lavoratori trasferiti nei diversi Stati membri che hanno svolto un’attività lavorativa. Sia essa dipendente o autonoma sia nel settore privato o pubblico.
Riguardo ai Paesi extracomunitari, l’Italia ha stipulato delle convenzioni bilaterali con alcuni Stati. Anche in questo caso lo scopo è tutelare i lavoratori che prestano o hanno prestato attività lavorativa in uno Stato estero.
Anche in Italia, i lavoratori stranieri hanno diritto alle prestazioni previdenziali così come un lavoratore italiano. Ma solo se hanno versato in Italia i contributi necessari a maturare i diversi trattamenti pensionistici.
Stessa cosa anche per i lavoratori stranieri rimpatriati, ossia quelli che sono rientrati nel loro Paese di origine. Quindi, anche se il rimpatrio è definito, il lavoratore straniero con un contratto di lavoro conserva i diritti previdenziali maturati in Italia. Sono esclusi i lavoratori in possesso di un contratto stagionale.
Tra l’altro, il lavoratore straniero può usufruire di questi diritti anche se non sono presenti accordi tra l’Italia e il paese d’origine.
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