L’aumento delle pensioni nel 2023 non sarà insignificante come quello della rivalutazione di ottobre seppur mostrando alcune limitazioni.
Nel mese di gennaio 2023 la perequazione sarà dell’8% garantendo aumenti nel cedolino più cospicui.
Il Decreto Aiuti Bis ha previsto l’anticipo della rivalutazione delle pensioni da gennaio 2023 ad ottobre 2022. L’intento sarebbe dovuto essere quello di aumentare le entrate dei pensionati per combattere l’inflazione. L’idea iniziale non è stata supportata da risorse sufficienti per realizzare efficacemente il piano anti-rincari. Si è deciso, così, di non mettere in atto al 100% il meccanismo di perequazione ma di fermarsi ad un tasso più basso, molto più basso. Ad ottobre l’aumento sarà del 2,2% (2% di rivalutazione più 0,2% di conguaglio). Ciò comporterà 10 euro in più sulle pensioni minime, 22 euro lordi su pensioni da 1.000 euro fino ad un massimo di 50 euro lordi circa per assegni da 2.500 euro. Cifre ridicole in confronto ai prezzi in continua crescita e all’inflazione che ha toccato quota 8%. Le somme saranno più consistenti, invece, nel 2023 quando la perequazione sarà totale.
Il meccanismo di perequazione viene attivano all’inizio di ogni anno per adeguare le pensioni al costo della vita con riferimento all’inflazione dell’anno precedente. Considerando la drammatica situazione attuale, si prevede che il tasso di rivalutazione a gennaio 2023 sarà fissato all’8%. Si dovrà aggiungere, dunque, un 6% all’aumento del 2% previsto per ottobre, novembre e dicembre 2022.
Una notizia gradita che coinvolgerà tutti i pensionati. Non saranno esclusi i percettori di assegno sociale o pensione di invalidità né i cittadini con requisiti reddituale oltre i limiti (35 mila euro all’anno). La platea dei beneficiari sarà, dunque, più ampia rispetto a quella prevista in relazione all’anticipo della rivalutazione che, possiamo dirlo, lascia inspiegabilmente fuori da una misura di sostegno chi ne ha più bisogno.
Come si tradurrà la perequazione dell’8% sul cedolino della pensione? Rispetto agli aumenti ridicoli previsti nell’ultimo trimestre 2022, le cifre saranno più elevate. Su un assegno di 524,35 euro (pensione minima) l’aumento sarà di 41,94 euro. L’assegno sociale di 468,11 euro salirebbe a 505 euro mentre per l’invalidità si stima un aumento di 23,35 euro.
Chi guadagna mille euro ne otterrà 60 in più; chi ne percepisce 2 mila riceverà 120 euro in più e chi ne guadagna 2.500 euro in più al mese noterà un aumento di 180 euro. Non sono somme che cambieranno la vita o che aiuteranno ad affrontare i rincari ma il vero problema del meccanismo in generale non è questo. Ciò che si nota scrivendo le cifre nero su bianco è che ad essere più avvantaggiati sono i percettori di assegni pensionistici più alti nonostante la rivalutazione preveda percentuali decrescenti in base ai redditi. Non dovrebbe essere il contrario?
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