La Febbre West Nile sta causando effetti “più gravi del solito”. I pazienti ricoverati in terapia intensiva aumentano. Ecco dove.
Sale la preoccupazione dei medici e dei responsabili dei reparti di terapia intensiva. Il West Nile è una malattia già conosciuta ma sembra “stia prendendo il posto del Covid”.
La Febbre West Nile è una malattia provocata dal virus omonimo, che la Scienza conosce già dagli anni ’30. Il virus viene trasmesso da alcuni tipi di uccelli selvatici ma anche dalle zanzare. Sono molti i Paesi in cui si è diffuso il virus in questi decenni: a partire dall’Uganda, è poi arrivato in tutta l’Africa, l’Asia occidentale, l’Europa, l’Australia e l’America.
Fino ad oggi il West Nile si manifestava in pochi casi. Infatti la maggior parte delle persone infettate non manifesta sintomi, mentre un 20% ne manifesta di lievi. Si tratta di febbre, mal di testa, nausea e vomito, ma anche l’ingrossamento dei linfonodi e in taluni casi anche sfoghi sulla pelle.
In rarissimi casi, circa l’1%, il West Nile provoca febbre alta, sintomatologia più importante, dolori diffusi, e arriva a provocare danni neurologici, se non encefalite. Talvolta avviene la paralisi e la morte. Ma appunto, fino ad oggi, questi casi erano statisticamente irrilevanti, circa l’uno per mille. Qualcosa però sembra cambiato. Il numero di infetti sale sempre di più e soprattutto mostra effetti più gravi. Ecco la situazione.
C’è una Regione in Italia dove i casi di West Nile hanno addirittura superato quelli di Covid. Le terapie intensive si stanno di nuovo riempiendo, e i medici lanciano l’allarme. In particolar modo in Veneto, dove i primari dell’ospedale di Padova hanno espresso la loro preoccupazione.
La zona geografica è fisiologicamente più a rischio delle altre, ma ciò che ha sorpreso i medici è la gravità degli effetti del virus. Al momento, nelle terapie intensive del padovano c’è un rapporto di ricoverati di 10 pazienti con west Nile su 2 di Covid.
Anche nel 2018 c’era stata un’ampia diffusione della malattia, ma non con questi importanti effetti sulla salute. A dichiarare la propria perplessità è il responsabile del reparto di Neuro Rianimazione dell’Azienda ospedaliera di Padova, Marina Munari. “Questo tipo di neuroinvasività in effetti non l’avevamo mai visto con questi numeri. All’inizio, quando i pazienti hanno cominciato ad essere 2, 3, poi 4, siamo rimasti sorpresi. I pazienti più gravi, avendo questo coinvolgimento del sistema nervoso devono avere l’accesso in terapia intensiva e rimangono ricoverati per settimane“.
La preoccupazione riguarda anche la gestione dei posti letto, che naturalmente con questa emergenza stanno calando di disponibilità. Si rischia, in caso di nuove ondate Covid, di avere un collasso nei reparti di intensiva.
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