I lavoratori a un passo dalla pensione devono sapere come uscire dal mondo del lavoro e quali vantaggi ottenere.
Requisiti anagrafici, anni di contributi, opzioni di anticipo, l’ordinamento italiano prevede numerose alternative per andare in pensione.
Qual è il momento migliore per andare in pensione? Rispondere a questa domanda è difficile dato che sarebbe necessario contestualizzare la richiesta in base alle caratteristiche del richiedente. Le possibilità per i lavoratori sono molteplici, alcune più vantaggiose altre meno. La pensione di vecchiaia è accompagnata, infatti, da misure di uscita anticipata come l’Ape Sociale oppure da opzioni dedicate alle lavoratrici come Opzione Donna e da scivoli diversi in base ai contributi accumulati. In linea generale a contare sono l’età anagrafica e il numero di contributi versati durante la vita lavorativa. Voler anticipare il raggiungimento della pensione, però, comporta l’accettazione di riduzioni più o meno pesanti sull’assegno pensionistico. Cerchiamo di delineare un quadro generale di varie possibilità per i lavoratori.
La Riforma Fornero ha introdotto parallelamente alla pensione di vecchiaia la pensione anticipata ordinaria per andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Si tiene, dunque, conto unicamente del requisito contributivo e non di quello anagrafico. Altra condizione è che almeno 35 anni siano di versamenti effettivi. Volendo accedere a questa misura occorrerà accettare la finestra mobile per la decorrenza del primo assegno della durata di tre mesi dalla maturazione dei requisiti. In più sono previste riduzioni sull’assegno pensionistico pari a -1% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni entro un massimo di due anni rispetto alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia. La percentuale sale a -2% per gli anni successivi ai primi due.
In Italia è possibile scegliere tra altre forme di pensione anticipata dedicate a specifiche categorie di lavoratori. Citiamo la pensione anticipata contributiva che permette di lasciare il mondo del lavoro a 64 anni (con tre anni di anticipo) se si rientra completamente nel sistema di calcolo contributivo e si raggiunge un determinato importo dell’assegno.
La già citata Opzione Donna permette alle lavoratrici di raggiungere la pensione a 58 anni se dipendenti o 59 anni se autonome con 35 anni di contributi accettando di rientrate unicamente nel calcolo contributivo. Ciò si traduce in una riduzione sostanziosa dell’assegno. Da citare, poi, l’APE Sociale che consente l’uscita dal mondo del lavoro a 63 anni con 30 anni di contributi ai disoccupati rimasti senza lavoro per licenziamento o dimissioni volontarie per giusta causa, agli invalidi con percentuale di inabilità superiore al 74%, ai caregiver da almeno sei mesi e agli addetti ai lavori gravosi. In questo caso non sono previste penalizzazioni dell’assegno.
L’anticipo pensionistico è concesso ai lavoratori che svolgono mansioni considerate usuranti. Le formule da valutare sono quota 97,6 (somma di età anagrafica e contributi) con età minima 61 anni e 7 mesi e 35 anni di anzianità contributiva se dipendenti e quota 98,6 con età minima 62 anni e 7 mesi e 35 anni di anzianità contributiva se autonomi.
Infine, citiamo la pensione anticipata per i precoci ossia coloro che prima dei 19 anni di età avevano già maturato minimo 12 anni di contributi. In più devono rientrare tra le categorie dell’APE Sociale. La formula è Quota 41 con il raggiungimento della pensione con 41 anni di contributi e senza requisito anagrafico.
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