La legge 104/92 prevede una serie di agevolazioni sul lavoro per i disabili o per coloro che assistono un familiare con disabilità.
Quelle più conosciute riguardano la possibilità di usufruire di permessi retribuiti, frazionabili anche ad ore, oppure di un congedo straordinario di due anni per provvedere a un’assistenza continuativa.
Ma la legge 104 offre altre due opportunità: la facoltà di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona disabile ove possibile; e il diritto a non essere trasferito senza il proprio consenso.
In entrambi i casi però il datore di lavoro può intervenire se sussistono motivazioni valide.
Legge 104 e trasferimento: il quesito
Una nostra lettrice ha inviato il seguente quesito: “Posso essere trasferita dal mio posto di lavoro in un’altra città avendo un invalidità del 90% con art.3 comma 1? Grazie mille, Cordiali saluti.”
Recenti sentenze della Corte di Cassazione hanno ribadito come la scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona con disabilità non sia un diritto assoluto. Del resto la stessa normativa specifica che è possibile esercitarlo ‘ove possibile’. In questo caso vanno infatti bilanciate sia le necessità del disabile, che le esigenze produttive e organizzative del datore di lavoro. Nel caso di un impiego pubblico, bisogna tutelare gli interessi della collettività.
Mentre, per quanto concerne il divieto di trasferimento, questo opera ogni volta che viene modificato il luogo di lavoro seppur nell’ambito della stessa unità produttiva. Inizia nel momento della presentazione della domanda all’Inps per ottenere il beneficio della legge 104 ed è considerato un diritto ‘non sacrificabile’, se non per valide ragioni di organizzazione del lavoro. Per poter effettivamente procedere con un trasferimento deve esserci il consenso del lavoratore disabile; lo stesso principio si applica a chi assiste un familiare con disabilità. Il trasferimento deciso dall’azienda, se avviene senza una valida giustificazione, risulta nullo.
Il trasferimento ad altra sede di un lavoratore con 104 è invece legittimo se giustificato da motivi di ‘incompatibilità ambientale’ nel caso si tratti di un pubblico impiego, come ha stabilito la Cassazione (sentenze n. 16102/2009 e n. 24775/2013). Cioè quando la permanenza del dipendente crei tensioni e contrasti, con evidenti conseguenze sullo svolgimento dell’attività lavorativa. E quindi per salvaguardare il prestigio e garantire la serenità del servizio, l’Amministrazione decida di optare per il trasferimento.
In merito al quesito posto dalla lettrice, il trasferimento in un’altra città può avvenire se c’è il suo consenso. Nel caso in cui lavori in ambito pubblico, e dovesse verificarsi una condizione di incompatibilità con l’ambiente lavorativo, allora l’amministrazione può comunque procedere, come stabilito dalla Cassazione.
Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.
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