Gli studiosi cercano ancora cure per l’Alzheimer efficaci, e anche meno costose. Arriva però una speranza da uno studio recente.
La Scienza sta facendo passi in avanti molto promettenti, soprattutto nell’ambito di terapie tempestive all’insorgere della terribile malattia.
Com’è noto, già l’approccio terapeutico contro questo tipo di demenza cerebrale è di tipo preventivo e tempestivo. Una volta che la malattia si è innescata, purtroppo, ha un decoroso degenerativo. Non sono al momento presenti cure che riescono a fermare il processo.
L’Alzheimer colpisce ogni anno milioni di persone ed è ritenuta una malattia ad alto costo sociale. Purtroppo le difficoltà riscontrate finora nel trovare una cura risiedono nella non comprensione dei precisi meccanismi che fomentano il processo neurodegenerativo. Anche a fronte dell’individuazione di due proteine “responsabili” dell’innesco della patologia.
Molto si cerca di fare in via preventiva, anche per quanto concerne il riconoscimento dei primi sintomi. Che possono avvenire anche molti anni prima della forma grave della malattia.
Alcuni recenti studi hanno preso in considerazione la “estrema” prevenzione valutando di vaccinare la popolazione contro dei comunissimi virus. Sembra infatti che un “semplice” Herpes o Varicella Zoster siano in grado, dopo un periodo di latenza, di scatenare la demenza cerebrale, tra cui anche l’Alzheimer.
Un nuovo studio, però effettuato in via congiunta tra l’Istituto Besta e Mario Negri, dà ottime speranze. Perché potrebbe dare la possibilità di creare una terapia da somministrare al momento dei primi sintomi. Lo troviamo pubblicato sulla rivista scientifica “Molecular Psychiatry”, ed ecco cosa hanno scoperto gli scienziati.
I ricercatori hanno individuato una variante naturale della proteina beta-amiloide, che è quella che protegge i soggetti dallo sviluppo/degenero dalla malattia. Gli studiosi sono riusciti a sintetizzare una piccolissima molecola che poi è stata usata nelle sperimentazioni.
Tra l’altro, la somministrazione di questa “cura” è stata pensata come intranasale, una pratica già usata largamente in diversi ambiti. La terapia intranasale, infatti, in molti casi arriva prima dove deve agire, e risulta più efficace. E non è assolutamente invasiva. Gli esperimenti sono stati effettuati su animali da laboratorio e i risultati sembrano incredibilmente promettenti.
Gli studiosi ed esperti neurologi Fabrizio Tagliavini e Giuseppe Di Fede commentano infatti così i risultati del loro lavoro.
“Gli esperimenti hanno dimostrato che la somministrazione per via intranasale del peptide, in una fase precoce della malattia, è efficace. Protegge le sinapsi dagli effetti neurotossici della beta-amiloide e inibisce la formazione di aggregati della stessa proteina, responsabili di gran parte dei danni cerebrali nell’Alzheimer. Infine rallentano il deposito della beta-amiloide sotto forma di placche nel cervello.”
Non solo: sembra che la terapia non inneschi effetti collaterali e un’altra buona notizia risiede nel fatto che la cura sarebbe anche molto economica. Ad oggi le terapie per combattere l’Alzheimer sono invece molto costose, oltre che, purtroppo, anche poco efficaci.
La speranza è che questo studio venga ampliato e che si arrivi presto ad una soluzione di cura contro questa malattia degenerativa che colpisce sempre più persone nel mondo.
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