Scopriamo quando due anni di contributi ne valgono in realtà tre e permettono, così, di anticipare il momento del pensionamento.
Chi è alla ricerca delle soglie minime per uscire dal mondo del lavoro deve conoscere i metodi di calcolo dei contributi. A volte la realtà è diversa da quello che appare.
La normativa che regola l’uscita dal mondo del lavoro è ricca di requisiti da soddisfare per poter finalmente organizzare la festa di pensionamento. La maggior parte delle misure stabilisce sia limiti di età anagrafica che soglie minime di contributi da versare. Per la pensione di vecchiaia servono, ad esempio, 20 anni di contributi e 67 anni di età. Opzione Donna richiede 35 anni di contributi e 58 anni di età. Per Quota 41 occorrono esclusivamente 41 anni di contributi. Insomma vari traguardi da raggiungere ma spesso può capitare che solo per un anno non si riesca a maturare i requisiti di pensionamento. Una vera disdetta che, però, a volte si può risolvere grazie ad un calcolo diverso dei contributi stessi.
I lavoratori devono essere messi a conoscenza dell’esistenza dei contributi silenti, una tipologia di contribuzione che invece di essere conteggiata nel calcolo finale rimane inutilizzata per mancata familiarità con la normativa. Troppo spesso capita che tributi versati durante la carriera lavorativa non vengano inseriti in quiescenza per motivi differenti. Si tratta di versamenti che dovrebbero essere riscattati a pagamento dal contribuente oppure che non sono presi in considerazione perché considerati inutili al fine del conseguimento della pensione.
L’INPS ha in mano una marea di contribuzione versata ma inutilizzata, incassata ma non restituita al lavoratore al momento della pensione. Poniamo il caso di un lavoratore di 67 anni con 18 anni di contribuzione. La somma non permette il raggiungimento della pensione di vecchiaia e non conoscendo soluzione alternative quei 18 anni finiranno per rimanere nel calderone dei tributi mai usati.
Grazie alle maggiorazioni contributive un anno di contribuzione ne può valere 1,5 oppure due anni possono valerne tre. Si parla di un trattamento privilegiato rivolto a chi soddisfa specifici requisiti connessi a due condizioni particolari, quella dei precoci e dei contributivi. I lavoratori precoci sono coloro che hanno versato un anno di contribuzione prima del compimento dei 19 anni di età. I contributivi sono coloro che hanno cominciato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e, dunque, rientrano nel sistema di calcolo puramente contributivo.
I precoci possono far valere di più i contributi versati ma solo se il primo versamento risulti essere successivo al 31 dicembre 1995. Secondo la normativa, infatti, chi ha lavorato per 52 settimane o 12 mesi tra i 17 e i 18 anni ha diritto a 1,5 anni di tributi maturati in quel periodo.
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