Cosa accade al TFR durante il periodo di Cassa integrazione? Quali sono le conseguenze se l’azienda fallisce? Il punto di vista della Cassazione.
La Cassazione è intervenuta sulla possibilità che il TFR maturi nel periodo di Cassa integrazione in deroga.
Il compito della Suprema Corte di Cassazione è quello di fornire un’interpretazione uniforme del diritto, di cui deve tener conto il giudice ordinario. Per questo motivo, l’Ordinanza n. 25847/2022 degli Ermellini è destinata ad influire sui diritti dei lavoratori e ad innovare la materia della Cassa integrazione guadagni.
La Cassa integrazione guadagni in deroga è prevista dall’articolo 2, comma 64, della Legge 92/2012. Si tratta, in particolare, di un’ipotesi di sospensione totale o parziale dal lavoro, per la quale è stabilita l’integrazione salariale da parte dello Stato. Questo vuol dire che, nel periodo di Cassa integrazione guadagni in deroga, il lavoratore non svolge attività lavorativa, ma percepisce lo stesso la retribuzione.
Ma che effetti produce tale meccanismo sulla maturazione del TFR? Analizziamo l’orientamento della Cassazione e scopriamo le ragioni che hanno portato ad una simile decisione.
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Nell’arco della Cassa integrazione guadagni in deroga, il diritto alla retribuzione può essere, dal punto di vista previdenziale, pieno o parziale; questo, tuttavia, non pone dubbi sul fatto che tale periodo figuri come un ordinario periodo di retribuzione, indipendentemente dalla circostanza che la paga sia diminuita.
In base a queste considerazioni, la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il TFR matura anche durante la Cassa integrazione guadagni in deroga. La decisione della Corte di basa sul presupposto che tale istituto rientra tra gli scenari descritti dal comma 3 dell’articolo 2120 del Codice civile. La norma statuisce che “In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno, per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto se il rapporto di lavoro si fosse svolto normalmente”.
Se, inoltre, alla fine del rapporto di lavoro, il dipendente sia ancora inoccupato, la Cassa integrazione guadagni in deroga è versata dal Fondo sociale per l’Occupazione e la Formazione, istituito presso il Ministero del Lavoro.
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Se l’azienda fallisce, l’erogazione del TFR spetta, ovviamente, all’INPS, ma con delle eccezioni. Il pagamento, infatti, può riguardare solo le quote del Trattamento di Fine Rapporto maturate fino alla data della Cassa integrazione e trasferite nel Fondo di tesoreria.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Cassazione, una lavoratrice, dipendere di una società fallita, aveva percepito la Cassa integrazione guadagni in deroga dal settembre 2012 al dicembre 2014. Inoltre, dal 1° gennaio 2015, non aveva ripreso a lavorare per l’ex datore di lavoro, ma era stata assunta, in seguito a trasferimento di ramo d’azienda, da un’altra società.
Per gli Ermellini, dunque, la dipendente godeva del diritto a ricevere le quote di TFR maturate dal 1° gennaio 2007, fino all’inizio del periodo di Cassa integrazione in deroga. In tal caso, infatti, non era stato accertato che queste quote, trasferite al Fondo di tesoreria, erano state già pagate dal datore di lavoro.
Al contrario, la Cassazione non ammette il riconoscimento delle quote maturate dall’inizio del periodo di Cassa integrazione guadagni in deroga fino alla fine della stessa, che coincideva con la fine del rapporto di lavoro. In quest’ipotesi, infatti, le quote erano a carico non del datore di lavoro ma del Fondo Sociale per l’Occupazione e la Formazione.
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