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Ministero del Lavoro, Marina Calderone tra la voglia di far bene e le pressioni del populismo

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Sta per entrare in scena il ministro del Lavoro del nuovo governo, il suo nome è Marina Calderone. Come si muoverà sul terreno minato delle pensioni?

La Calderone, insieme ad Adolfo Urso, succederà agli uscenti Andrea Orlando e Giancarlo Giorgetti (che nella nuova legislatura vestirà i panni di Ministro del Tesoro).

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I temi all’ordine del giorno sono di quelli insidiosi, su tutti la rovente questione delle pensioni. La ministra dovrà tenere testa un argomento quanto mai ostico come il potenziale ritorno complessivo della Legge Fornero a partire dal principio del 2023 se nulla si sarà mosso prima, e il celebre reddito di cittadinanza.

Proviamo a capirne di più, anche grazie al parere di una persona del settore che la conosce bene.

Il Ministro del Lavoro, cosa potrebbe accadere

A dire la sua Giuliano Cazzola, che ha commentato a caldo l’elezione della neo ministra. Stando al politico, giornalista, imprenditore, ex sindacalista ed esponente di +Europa, la Calderone sarebbe una professionalità di assoluta garanzia, donna di spigliata personalità e conoscenza tecnica. Insomma, le parole sono di stima.

Stando a Cazzola, in quanto alle future disposizione in ottica previdenziale, la neo ministra, padrona della materia, sa bene quanto l’alternativa più intelligente sia quella di non cambiare nulla.

Sebbene incalzi affermando come il contesto politico all’interno della destra al governo la vincolerà a un aut aut, obbligandola alla presentazione di una qualsivoglia proposta.

Si attende quindi di comprendere quale sarà la sua direttrice: da un lato potrebbe essere la linea tracciata dai propositi demagogici manifestati in propaganda elettorale dalla coalizione che l’ha voluta al Ministero, dall’altro, la linea potrebbe corrispondere ai desideri effettivi dei medesimi lavoratori. A breve lo si intuirà.

Marina Calderone, identikit della neo ministra

Stando a Cazzola Marina Elvira Calderone sarebbe figura di spicco e di navigata competenza nel comparto delle libere professioni. Nel corso del tempo ha rivestito compiti di un certo livello in contesti di previdenza privatizzata.

A oggi la neo ministra ricopre l’incarico di presidente del Consiglio dei consulenti del lavoro. La sua forza risiede esattamente in questo: conta un profilo tecnico ed è interna alle fila del lavoro autonomo.

La scelta dell’appena nominata premier Meloni per Calderone ricorda in un certo senso quella di Giuliano Poletti (che partiva dalla cooperazione) alla medesima poltrona.

Verrebbe da immaginare che Calderone non sarà, a differenza di chi l’ha preceduta, Nunzia Catalfo e Andrea Orlando, troppo accorta alle istanze della Cgil nelle specifiche di sua competenza.

Il lavoro della Calderone e il pericolo del populismo e della demagogia

Nel quadro dei consulenti del lavoro, la neo ministra potrà fare affidamento su di una equipe di assoluta garanzia, decisamente competenti a riguardo di tali problematiche.

Suddetto staff da diversi anni incoraggia una rassegna tra le più rilevanti in quanto a lavoro: una Celebrazione annuale piuttosto sentita, alla quale aderiscono i maggiori rappresentanti delle istituzioni.

Temi all’ordine del giorno

Calderone dovrà cominciare a battagliare sin dalla programmazione della legge di bilancio, nella fattispecie per il check-up del reddito di cittadinanza (disposizioni da cui dovrebbero scaturire restringimenti di spesa).

Successivamente si dovrà fare i conti con lo spinoso tassello pensioni. Calderone conta competenza in materia e, a parere di Cazzola, è consapevole di come la scelta più saggia sia quella di non azzardare mosse, contenendosi magari a prestare qualche spinta alla previdenza integrativa.

Ovviamente il contesto politico intrinseco alla destra ora al governo la vincolerà a un aut aut, obbligandola a presentare nuove istanze. Insomma occorrerà armarsi di pazienza e sperare in illuminazioni dall’alto.

Visto che dovrà fronteggiare populismo e demagogie che cominciano ad aleggiare nei corridoi dei palazzi di governo. Si dovrà scegliere tra propositi populisti gridati in campagna elettorale e bene effettivo dei lavoratori.

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