Colui o colei che lavora alle dipendenze ha diritto al trattamento di fine rapporto, o TFR, ma anche all’anticipo della somma entro specifiche condizioni e requisiti. Ecco cosa ricordare a riguardo.
I lavoratori subordinati del settore privato sanno, o dovrebbero sapere, che uno dei fondamentali diritti loro spettanti consiste nell’assegnazione del trattamento di fine rapporto – abbreviato in TFR – alla fine della loro esperienza lavorativa in azienda.
Non bisogna però dimenticare che, in talune circostanze, la legge vigente consente di ottenere un anticipo di questa somma che viene accantonata, via via nel corso del tempo, da parte del datore di lavoro.
Di seguito intendiamo fare chiarezza proprio su questo tema, rispondendo alla seguente domanda: in quali casi o circostanze può essere chiesto – e ottenuto – l’anticipo del trattamento di fine rapporto? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo premettendo però che ciò che segue ha carattere generale e fa riferimento al settore privato. I dettagli.
Quando parliamo di trattamento di fine rapporto, ci riferiamo alla prestazione economica che spetta al lavoratore dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro privato, per qualsiasi motivo essa avvenga – vale a dire licenziamento, dimissioni, o raggiungimento dell’età della pensione.
In altre parole, il trattamento di fine rapporto altro non è che un compenso con corresponsione differita alla data di della cessazione dell’esperienza professionale presso una certa azienda. Tecnicamente, si tratta di una specie di salario posticipato, calcolato per quote annuali. La somma serve come sostegno economico conseguente al venir meno dell’occupazione.
In particolare, il TFR o liquidazione rappresenta una somma quantificata annualmente sulla retribuzione lorda di ciascun dipendente e accantonata periodicamente dal datore di lavoro. Si tratta di un vero e proprio obbligo gravante su quest’ultimo.
Ebbene, come anticipato all’inizio, il lavoratore che decide di lasciare il proprio trattamento di fine rapporto in azienda – oppure sceglie di assegnarlo alla previdenza complementare -ha diritto alla liquidazione alla cessazione del lavoro, ma sussistono dei casi – debitamente dettagliati dalla legge – in cui il citato TFR può essere anticipato al lavoratore.
Il lavoratore potrebbe aver interesse ad ottenere l’anticipo della somma in oggetto, ma per averla effettivamente debbono ricorrere alcune condizioni di legge, che vediamo di seguito nel dettaglio.
In primis, il lavoratore subordinato deve aver maturato almeno 8 anni di servizio presso l’azienda o datore di lavoro a cui fa la domanda. Questa condizione è inderogabile, prescinde dalle necessità del lavoratore ed attiene infatti al rapporto di lavoro in sé.
Non solo. La richiesta di anticipo trattamento di fine rapporto o TFR deve essere motivata da una delle ragioni fissate dalla legge:
Con riguardo al primo punto, onde evitare possibili dissidi o grattacapi che possono mettere i bastoni tra le ruote all’anticipo del TFR, è fondamentale che l’acquisto dell’immobile sia sempre documentato con atto notarile.
Peraltro in base alla legge non vi sono limiti alla richiesta di anticipo TFR, senza però dare una motivazione precisa. Ma come vedremo tra poco, in questo caso il lavoratore potrà contare su una percentuale ridotta di anticipo del TFR finora maturato.
Attenzione però in quanto la richiesta in sé, pur valida, non sempre può condurre all’effettiva erogazione dell’anticipo TFR. Infatti in base alla legge, il datore di lavoro o azienda può di fatto accogliere le domande di anticipo entro i limiti del 10% degli aventi diritto – e ci riferiamo dunque ai dipendenti con almeno 8 anni di anzianità. In ogni caso varrà il limite del 4% del totale dei dipendenti.
Conseguentemente se sussistono più domande contemporaneamente, il datore di lavoro dovrà accogliere le domande seguendo un ordine cronologico. E’ quindi ben possibile che dette domande non possano essere accettate tutte. Tuttavia non dimentichiamo questo dettaglio: il Ccnl di categoria può disporre percentuali diverse di anticipo e dare la precedenza ad alcune motivazioni del singolo lavoratore, rispetto ad altre.
Inoltre l’anticipo del trattamento di fine rapporto, o TFR, non si applica in ipotesi come le spese per ristrutturazione dell’abitazione (salvo accordo con il datore). Non solo: in circostanze di cessione del quinto o pignoramento non si può richiedere un’anticipazione perché il TFR è a garanzia del debito in gioco.
Mentre se il datore di lavoro ha chiesto la cassa integrazione straordinaria per una situazione di crisi, non potrà dare anticipi TFR ai propri dipendenti – e sono piuttosto lampanti le ragioni economiche di quest’ultimo divieto.
L’ammontare del TFR che può essere erogato non deve essere al di sopra del 70% del trattamento di fine rapporto, accantonato alla data della domanda.
E’ possibile anche richiedere l’anticipazione della liquidazione per ulteriori motivazioni non specifiche rispetto a quelle sopra menzionate, ma in questo caso il legislatore ne limita la richiesta massimo al 30% dell’importo maturato.
Il lavoratore deve fare una richiesta scritta all’azienda in cui deve indicare la motivazione e l’ammontare dell’anticipo TFR. Di seguito il datore che accoglie la domanda, dovrà farlo con una comunicazione ad hoc. La legge indica la possibilità di domandare una sola anticipazione nel corso del rapporto di lavoro, ma dà comunque anche la possibilità ai contratti collettivi o a patti individuali con il datore di prevedere condizioni di miglior favore.
Se invece il lavoratore ha deciso di versare il TFR a un fondo di previdenza complementare, deve controllare le condizioni direttamente con il fondo prescelto. Questo può includere motivazioni ulteriori o altre condizioni più favorevoli.
Infine, per comprendere le esatte dimensioni del diritto all’anticipo TFR, ricordiamo che è sempre consigliabile sempre fare le opportune verifiche sulla scorta della situazione specifica del lavoratore, del settore di appartenenza e del Ccnl di riferimento.
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