Pensioni di anzianità in totalizzazione. Nuovi chiarimenti della Corte di Cassazione giungono con una recente sentenza, che fa chiarezza sul ruolo dei contributi da disoccupazione e che si accoda ad una tesi dell’istituto di previdenza.Â
Un provvedimento della Cassazione è stato recentemente emesso in tema di pensioni e requisito legato ai contributi.
Anticipiamo che l’orientamento espresso da questo giudice non sarà gradito ai lavoratori, ma pur si accosta a quanto già precisato in passato dall’istituto di previdenza. Ebbene, secondo l’Alta Corte i contributi da disoccupazione non concorrono alla pensione di anzianità in totalizzazione.
In altre parole, allo scopo del raggiungimento dei 40 anni di contributi obbligatori per la pensione di anzianità non debbono essere contati i periodi di eventuale disoccupazione del lavoratore. Piuttosto deve essere considerata la contribuzione utile al diritto.
Vediamo più da vicino questi temi correlati a pensioni e contributi, in considerazione dell’evidente rilevanza che hanno nei tempi odierni. Al contempo ci soffermeremo altresì sul meccanismo della totalizzazione contributi. I dettagli.
Quanto recentemente fissato dalla Suprema Corte è un principio di cui si trova traccia nella sentenza n. 29968 dello scorso 13 ottobre, ovvero un documento in cui i giudici hanno di fatto accolto l’orientamento dell’Inps, dando torto ad un pensionato che si era visto respingere la domanda di pensione di anzianità .
Secondo questo giudice, allo scopo del perfezionamento del requisito dell’anzianità contributiva non al di sotto dei 40 anni – richiesto per l’accesso alla pensione di anzianità in regime di totalizzazione nazionale – occorre considerare la contribuzione utile al diritto. In termini pratici ciò significa che dovranno essere tagliati fuori i periodi di contribuzione figurativa per malattia o disoccupazione.
I chiarimenti che arrivano dalla Cassazione attengono alle facoltà di cui al d. lgs n. 42 del 2006, contenente disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi. Ebbene l’appena citato provvedimento permette di totalizzare i periodi di tempo non coincidenti in tutte le gestioni della previdenza obbligatoria (comprese quelle dei liberi professionisti), accettando almeno di regola il calcolo contributivo dell’assegno previdenziale. Facciamo dunque riferimento alla cosiddetta prima facoltà di unificazione gratuita della contribuzione mista, che oggi ha però meno ‘presa’ in chi si sta per pensionare, rispetto al cumulo gratuito di cui alla legge n. 228/2012 e successive modifiche – il quale appare maggiormente conveniente per l’interessato.
Ricordiamo altresì che con la totalizzazione nazionale di cui alla legge vigente, è possibile conseguire la pensione di vecchiaia, la pensione di anzianità , la pensione di inabilità e la pensione indiretta, mentre per il conseguimento del rateo occorre comunque attendere l’apertura di una finestra mobile ad hoc.
Di fatto la totalizzazione dei contributi è un istituto che permette di cumulare, senza costi, periodi assicurativi non coincidenti presso distinte gestioni previdenziali. Ciò ovviamente allo scopo di perfezionare il diritto alla pensione.
L’istituto ha ragion d’essere in quanto oggi i lavoratori con carriere discontinue, e frammentate in vario modo, sono sempre di più ed hanno non di rado accreditato contributi in gestioni previdenziali diverse, come risultato della frammentazione dei periodi di lavoro nel corso del tempo. Proprio nella finalità di valorizzare questi periodi il citato d. lgs. n. 42 del 2006 permette ai lavoratori di usare la totalizzazione nazionale per unificare i periodi, se non sono coincidenti, potendolo fare gratis. Ciò consente di conseguire il versamento di una pensione, che costituisce la somma dei trattamenti previdenziali di competenza di ogni ente previdenziale coinvolto.
In sintesi la totalizzazione in oggetto ha l’utilità di riguardare di fatto tutte le casse, incluse quelle dei liberi professionisti, e consente altresì di sommare i contributi della gestione separata Inps che altrimenti non potrebbe essere ricongiunta.
Nell’ambito della circolare n. 69 del 2006 l’istituto di previdenza aveva fissato che nella finalità di conseguire il requisito dell’anzianità contributiva non al di sotto dei 40 anni (ora in realtà 41 anni causa adeguamenti alla speranza di vita), imposto per aver diritto alla pensione di anzianità da totalizzazione, deve essere considerata esclusivamente la contribuzione utile al diritto. Da ciò consegue che debbono essere esclusi i periodi di contribuzione figurativa per malattia o disoccupazione. Piuttosto l’istituto indica che questi saranno validi ai soli fini dell’importo dell’assegno previdenziale.
Concludendo, nell’accostarsi alle considerazioni già svolte dall’Inps, la Corte di Cassazione ha fatto riferimento al principio generale per il quale l’accesso alle pensioni di anzianità presuppone che la contribuzione sia effettiva.
Peraltro il ragionamento della Corte non deve essere inteso come una novità assoluta perché, anzi, di detto orientamento si ha traccia in altri precedenti provvedimenti: piuttosto la recente sentenza non fa che confermare una linea di indirizzo consolidata. Ecco spiegata dunque la scelta della Cassazione, che ha promosso il ricorso dell’Inps, respingendo la tesi del pensionato.
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