Ipotesi di conflitto atomico, ma il nostro Paese sarebbe all’altezza di affrontare un tale drammatico evento? L’Italia arriverebbe all’appuntamento priva di difese e bunker. In terra elvetica i rifugi sono 360.000.
Sulla nostra penisola vi sarebbe totale carenza di scudi antimissilistici e di ricoveri antiatomici: se le circostanze dovessero degenerare, l’Italia potrebbe non essere pronta.
Dal principio del tremendo conflitto scatenato da Putin in Ucraina il mondo intero fa i conti con la perenne e inquietante preoccupazione che possa divampare un conflitto nucleare. Trascorrono i giorni, le settimane, i mesi, quest’angoscia invece che volatilizzarsi va irrobustendosi.
Difatti gli ultimi dispacci provenienti dall’Ucraina non fanno altro che incrementare la tensione. Secondo Volodymyr Zelensky già solo l’ipotesi di un utilizzo di arsenale atomico renderebbe il conflitto, appunto, un conflitto nucleare. Il Presidente ucraino ne è convinto
Se la Russia usa armi nucleari, il mondo in cui viviamo non esisterà più. Cioè, ci sarà un mondo completamente diverso, in cui la potenza che usava armi nucleari cesserà definitivamente di esistere.
Pressoché in simultanea, l’agenzia Ria Novosti ha comunicato come Mosca avrebbe collaudato nel Mar Baltico il Bulava, un razzo che è stato scagliato con esito positivo da un sommergibile atomico.
Dal momento in cui le forze militare di Kiev hanno cominciato a recuperare territori, il Cremlino ha affermato sempre più di frequente la predisposizione all’uso di armamenti atomici al fine di tutelare i propri territori, puntando il dito contro gli ucraini e accusandoli di avere intenzioni si servirsi di ordigni sporchi.
Insomma, mai come in questo momento lo spettro di una guerra nucleare aleggia sopra i cieli del Vecchio Continente; ma se la situazione dovesse precipitare, l’Italia sarebbe pronta ad affrontare una situazione del genere? La risposta – purtroppo – sembrerebbe essere negativa.
Alcune settimane dopo il divampare del conflitto in Ucraina, in occasione di un’intervista concessa al magazine Money.it, il generale Carlo Landi ha chiarito come nel caso in cui qualche Paese astioso prendesse la decisione di scagliare verso i nostri territori un vettore balistico, potenzialmente portatore di una testata atomica, potremmo tranquillamente affermare con cognizione quanto il nostro Paese non sarebbe capace di intercettarlo.
Il nostro Paese ha in dote sei batterie di razzi SAMP-T ciascuna delle quali potrebbe proteggere perimetri di centri urbani come Roma. Vi sarebbero poi alcuni complessi navali muniti di vettori della medesima tipologia dei SAMP. Anche qui si tratta di numeri modesti e la difesa riguarderebbe fasce costiere piuttosto contenute, ma tale difesa comporterebbe il dover sguarnire la protezione delle unità navali.
Dal 24 febbraio a oggi, sebbene il pericolo di un potenziale conflitto atomico, nulla sembrerebbe essere cambiato. È recente la firma, da parte di 14 Stati, di un documento di volontà per il progresso e la messa a punto della European Sky Shield Initiative, uno schermo antimissile che dovrà salvaguardare gran parte dei cieli del continente.
Ma nella rosa di nomi non vi è traccia dell’Italia, che a ogni modo avrebbe in cantiere altri programmi. Si pensi ad esempio a Twister (Timely warning and Interception with space-based theater) che dovrebbe essere attivato non oltre il 2030.
Per intenderci, nel caso in cui la guerra in Ucraina dovesse trasformarsi tragicamente in un conflitto nucleare, probabilmente il nostro Paese non sarebbe capace di intercettare un vettore balistico russo. Basti pensare come un test simulato reso noto dall’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo – IRIAD, abbia stimato nell’immediato 55.000 vittime in Italia nella circostanza di un exploit atomico.
L’idea sarebbe quella di non commettere i medesimi errori andati in scena con il Covid, quando l’Italia si fece cogliere di sorpresa dalla pandemia, poiché il piano sanitario predisposto mancava di aggiornamenti ormai da anni. In questa prospettiva, lo scorso 14 marzo, la Protezione Civile ha riaperto il fascicolo, piuttosto impolverato, riguardante il programma da attuare in caso di crisi nucleare.
Nella circostanza di un incidente nucleare, scenario potenzialmente concreto visto l’odierno contesto e i rischi quotidiani corsi dalle centrali nucleari ucraine sfiorate di continuo dai missili di Putin, l’Italia saprebbe come comportarsi: rifugio al chiuso e la iodoprofilassi nelle aree a più alto rischio.
Nell’ipotesi di un attacco nucleare sul nostro territorio, come anticipato, oltre a non possedere efficace schermo protettivo, saremmo anche in deficit di bunker antiatomici. Si potrebbe contare solamente su quelli privati, insomma, ci si dovrebbe comportare un po’ alla “viva il parroco”, sperare nel buon cuore dei privati, pregare che non scoppi nel mentre una guerra civile all’ultimo rifugio.
Condizione radicalmente opposta si prospetta in Svizzera, dove in caso di conflitto atomico la popolazione elvetica potrebbe far affidamento su 360.000 ripari antiatomici in grado di accogliere anche un numero maggiore di persone rispetto all’effettiva cittadinanza.
Non ci resta che sperare allora nell’altruismo elvetico. Il tempo stringe.
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