Gli ultimi dati forniti dall’Osservatorio INPS sulle pensioni hanno rilevato una forte disparità economica tra uomini e donne.
È stato diffuso l’ultimo Osservatorio INPS sulle “Prestazioni pensionistiche e beneficiari del sistema pensionistico italiano”, aggiornato al 31 dicembre 2021.
Dal documento, innanzitutto, emerge che le pensioni e le prestazioni erogate sono, numericamente, le stesse dello scorso anno (con un lieve incremento dello 0,2%), anche se un po’ più elevate; complessivamente, si parla di una somma di 313.003 milioni di euro. Vi è stato, inoltre, un aumento dei beneficiari delle prestazioni previdenziali, che sono il 3,6% in più dello scorso anno.
La categoria più numerosa è quella degli over 80, mentre quella con gli assegni più ricchi è quella composta da individui con età compresa tra i 65 e i 69 anni. Scopriamo, dunque, quali sono gli importi medi delle pensioni per le varie categorie di percettori.
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Secondo i dati raccolti, le cifre medie degli assegni pensionistici sono più alte al Nord Italia rispetto al resto della Nazione; si parla del 7,2% in più.
Il 78% delle prestazioni, inoltre, è di tipo IVS (ossia invalidità, vecchiaia e superstiti), mentre le prestazioni assistenziali (invalidità civili, assegni e pensioni sociali, pensioni di guerra) rappresentano il 19% del totale. Il restante 3% circa è costituito dalle rendite INAIL.
I trattamenti più numerosi sono quelli di vecchiaia (più di 11 milioni), che, nel 28% delle ipotesi si accumulano ad ulteriori trattamenti. Le pensioni di invalidità, invece, sono quasi un milione ed il 49% integrate da pensioni differenti. Gli assegni ai superstiti sono più di 4 milioni, tra cui il 67% accompagnato da altre indennità.
Le prestazioni assistenziali, invece, sono 3,7 milioni. Il 68% dei beneficiari riceve un solo assegno, mentre il restante 32% ne percepisce due o più (nello specifico, il 24% ha due prestazioni ed il 75% più di due).
Il dato più preoccupante, però, riguarda il gap pensionistico tra gli uomini e le donne. Queste ultime, infatti, costituiscono il 52% dei percettori di assegno, ma gli uomini percepiscono il 56% dei redditi; l’importo medio delle pensioni per le donne è del 27% in meno.
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Non è, purtroppo, un mistero che le pensioni delle donne siano più basse di quelle degli uomini. La questione riguarda sia la previdenza obbligatoria sia quella integrativa.
La situazione è terrificante, se si pensa che il divario pensionistico è di circa 500 euro, riguardo la pensione obbligatoria. Secondo i dati INPS, infatti, l’importo dell’assegno delle donne è, in media, di 1.350 euro al mese, mentre quello degli uomini di 1.860 euro.
Le cause di questa disparità sono varie, ma tutte legate allo svantaggio sociale delle lavoratrici: la mancanza di strumenti pensionistici adeguati, di conoscenze e di effettiva autonomia, soprattutto economica. Ancora troppe donne, infatti, arrivano all’età pensionabile al termine di carriere molto discontinue, con salari minori rispetto a quelli dei colleghi uomini e con periodi privi di copertura previdenziale, come i part time o i permessi maternità.
Per l’integrativa, invece, le problematiche nascono dal fatto che la maggior parte delle lavoratrici non gestisce i propri risparmi in prima persona; le forme di previdenza integrativa, invece, si basano sull’adesione volontaria. Tutto questo produce assegni molto più esigui.
Le donne lavorano di meno e, di conseguenza, accumulano meno contributi rispetto agli uomini. Molte lavoratrici sono ancora costrette ad abbandonare la loro carriera, o ad avvalersi di contratti part- time, per accudire la famiglia. Sarebbe, dunque, necessaria una revisione del nostro attuale sistema previdenziale, per mezzo del quale le lavoratrici e le pensionate sono trattate ancora come individui di serie B. La predisposizione di maggiori tutele per tale categoria, dunque, dovrà essere una delle priorità in tema di Riforma delle pensioni, per colmare il gap salariale, ma anche quello delle rendite pensionistiche nei confronti degli uomini.
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