Il congedo straordinario retribuito viene concesso secondo un preciso ordine di priorità e richiede come requisito fondamentale la convivenza.
Questa opportunità (legge 388/2000) consente a un familiare di un disabile grave di prestare assistenza mantenendo il posto di lavoro. La persona con disabilità deve essere riconosciuta in situazione di gravità ai sensi della legge 104/92 articolo 3 comma 3. La domanda di congedo straordinario ha validità a partire dalla sua presentazione: la durata massima è di due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa.
Un limite complessivo per tutti gli aventi diritto: non è infatti previsto il cosiddetto ‘raddoppio’.
Un lettore ha inviato il seguente quesito: “Ho una cognata con grave disabilità e titolare di L.104, avrei intenzione di chiedere il congedo straordinario. Sono residente assieme a lei proprio nella sua abitazione poiché sono un medico e recentemente, a causa di un episodio in cui la stessa ha perso i sensi, l’unico in famiglia in grado di prestarle soccorso sono stato io, pertanto mi sono offerto di accudirla. La famiglia è composta da molti altri familiari tra figli sorelle e fratelli, ma nessuno di loro è convivente e nessuno di loro ha la possibilità di accudirla sia per questioni logistiche (i figli sono residenti uno all’estero e uno in Liguria).
I fratelli sono tutti più grandi di età (tra i 70 e gli 84 anni) senza particolari patologie a parte qualcuno di loro, ma a causa dell’età avanzata non sarebbero in grado di prendersi cura di lei. Premesso che nessuno di loro possiede il requisito di convivenza. Il mio ente, datore di lavoro, può opporre qualche problema alla richiesta di congedo straordinario?”
Il congedo straordinario retribuito di due anni, come già evidenziato, deve rispettare un preciso ordine di priorità:
La convivenza- che presuppone la stessa residenza, e viene soddisfatta anche se si ha lo stesso indirizzo e numero civico, ma interni diversi– deve durare per l’intero periodo di congedo.
Il congedo non può essere utilizzato indifferentemente dai familiari. L’età avanzata, ad esempio del coniuge, non è considerato un motivo valido per permettere il passaggio del diritto ad altri familiari. Questo chiarimento è contenuto nell’interpello n. 43 del 21 dicembre 2012 del Ministero del Lavoro. Gli unici casi contemplati sono quelli quindi previsti dal legislatore: ossia decesso, mancanza oppure patologie invalidanti.
Rispondendo al quesito del lettore, la cognata risulta essere, secondo i gradi di parentela, affine di secondo grado. Quindi, secondo la legge, il diritto a richiedere il congedo straordinario spetta a tutti gli altri familiari secondo l’ordine di priorità (salvo le eccezioni previste e già evidenziate). Può decidere invece richiedere i permessi retribuiti, estesi anche ai parenti e affini di secondo grado (senza obbligo di priorità.)
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