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Economia

Buonuscita: i retroscena di una misura a volte poco conosciuta

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La buonuscita è una somma di denaro spettante ad alcune tipologie di lavoratori pubblici, per effetto della cessazione dell’attività lavorativa nella PA.

L’indennità di buonuscita (detta anche IBU) è un trattamento di fine servizio che viene riconosciuto ad alcuni lavoratori pubblici.

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Tale prestazione non va confusa con il TFR, il Trattamento di Fine Rapporto. Quest’ultimo, infatti, spetta, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ai dipendenti privati e ai lavoratori della Pubblica Amministrazione con contratto a tempo indeterminato, assunti dopo il 31 dicembre 2000. Sono esclusi, invece, i dipendenti di settori non interessati dalla privatizzazione.

Coloro che hanno diritto alla buonuscita, tuttavia, possono ricevere il TFR come alternativa, nelle ipotesi in cui abbiano scelto di aderire ad un Fondo di previdenza complementare.

Consulta anche il seguente articolo: “Indennità di buonuscita: tassazione agevolata e pagamento INPS, tutti i dettagli“.

Buonuscita: a chi spetta e come si calcola?

I lavoratori destinatari della buonuscita sono, nello specifico, i seguenti:

  • dipendenti civili e militari dello Stato, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, in servizio entro il 31 dicembre 2000;
  • dipendenti di diritto pubblico, ai sensi dell’ 3 del Decreto legislativo n. 165/2001, a prescindere dalla data di assunzione e che, all’atto della cessazione del rapporto di lavoro e di quello previdenziale, possiedono almeno un anno di iscrizione per qualsiasi causa.

Come si calcola l’indennità di buonuscita? Si moltiplica 1/12 dell’80% della retribuzione contributiva annua utile lorda, ricevuta al momento alla cessazione dell’attività, per il numero di anni utili per il calcolo.

La retribuzione contributiva annua utile lorda, inoltre, comprende anche la tredicesima e, dal 1° maggio 2014, non può superare i 240 mila euro. Infine, ogni frazione di anno maggiore di 6 mesi vale come intera annualità, mentre quelle minori di 6 mesi non sono prese in considerazione.

Per la determinazione della buonuscita, sono validi i servizi:

  • di ruolo;
  • non di ruolo, ma con durata non inferiore a un anno continuativo;
  • ricongiunti, in base alla Legge n. 523/1954, alla Legge n. 23/ 1986 o alla Legge n. 243/1991;
  • servizio militare di leva in corso o svolto dopo il 30 gennaio 1987;
  • resi dal personale di Enti o amministrazioni interessati da procedure di mobilità, soppressione, fusione o trasformazione, non iscritti alle casse previdenziali ex INADEL o ex ENPAS e passato ad amministrazioni gestite dall’INPS.

Potrebbe interessarti anche il seguente articolo: “Qual è la differenza tra TFS e TFR: come si calcolano e la data di pagamento della buonuscita“.

Chi versa la somma spettante?

Per la concessione della buonuscita non è necessario presentare alcuna domanda. La prestazione, infatti, è versata d’ufficio, nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, con accredito sul conto corrente del beneficiario o su altro mezzo di pagamento elettronico provvisto di IBAN.

Il denaro è pagato in una o più tranche, in base all’importo totale. Nello specifico:

  • le cifre non superiori a 50 mila euro sono accreditate in un’unica soluzione;
  • le somme superiori a 50 mila euro ma inferiori a 100 mila euro sono pagate in due rate (50 mila euro immediatamente ed il restante l’anno successivo);
  • gli importi superiori a 100 mila euro vengono versati in tre rate (50 mila euro subito, 50 mila euro dopo un anno e il denaro rimanente dopo due anni).
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