Come funziona la pensione sociale, chi ne ha diritto e a quanto ammonta: opportunità per chi non ha mai lavorato o ha lavorato poco
Per coloro che possono avere accesso alla pensione di vecchiaia, magari perché non ha mai lavorato o perché lo ha fatto per un tempo non sufficiente, potrebbe esservi l’opportunità della pensione sociale.
Si tratta di una misura di sostegno previdenziale, la cui istituzione si lega alla legge 153/1969, e che ha visto la propria sostituzione nel ’96 mediante l’assegno sociale. Una misura ideata per coloro che hanno redditi bassi e per l’appunto, non hanno modo di aver accesso alla pensione di vecchiaia.
Per tali individui, vi è dunque la possibilità dell’assegno sociale, una misura INPS destinata a coloro che sono privi di posizione contributiva autonoma. Si pensi ad esempio ai caregiver, oppure a alle casalinghe e ai casalinghi.
Un aspetto fondamentale della questione si lega chiaramente ai requisiti per potervi avere accesso, dunque quali sono requisiti per la pensione – assegno sociale.
La misura vede quali soggetti che ne hanno diritto chi versa in una condizione di disagio dal punto di vista economico. Una situazione comprovata dall’ISEE al di sotto di specifiche soglie.
Al fine dell’ottenimento della misura, dunque occorre il rispetto dei requisiti previsti, sia dal punto di vista del reddito, che dell’età e della residenza.
Occorrono quindi sessantasette anni di età anagrafica, la cittadinanza italiana oppure di un altro Paese Europeo, a condizione dell’iscrizione all’anagrafe del Comune ove si risiede. Ma è possibile anche per cittadini extra-comuniatari che abbiano il permesso di soggiorno di lungo periodo.
Serve poi la residenza effettiva, stabile e continuativa nella Penisola, quantomeno da dieci anni. E poi occorre rientrare tra i requisiti di reddito che sono decisi in merito all’anno in corso. Dunque, occorre che l’eventuale soggetto versi in una condizione di bisogno economico.
L’accertamento dalla possibilità di beneficiare della misura passa per il reddito personale di soggetti non coniugati e dal cumulo reddituale del coniuge, circa invece quali coniugati. Ciò viene fatto secondo le soglie che vengono decise ciascun anno.
Per quanto attiene il 2022, i limiti reddituali entro cui si può aver accesso, prevede la misura piena della misura a chi è privo di reddito, se non coniugati. Oppure con reddito al massimo pari a 6079,54 euro all’anno, qualora coniugati.
Rispetto invece alla misura ridotta dell’ex pensione sociale 2022, ciò riguarda redditi cumulati col coniuge tra 6079,45 e 12.158,90 euro, e quello personale, qualora non coniugati, sino a 6079,45 euro all’anno.
A quanto ammonta la pensione sociale? Quest’ultima, per l’anno corrente è di 468,11 euro per tredici mensilità. Se ne ha diritto in misura parziale qualora vi sia il possesso di redditi minori alle cifre della misura, sino a concorrenza delle cifre previste. Si tratta di una misura cui vi è compatibilità con la PdC.
Nel momento in cui vi fossero i requisiti che si prevedono per la pensione di cittadinanza, chi ne ha diritto può ricevere un trattamento il cui massimo si quantifica in settecento ottanta euro.
Dopo i settant’anni, crescono gli importi secondo quanto stabilisce la legge di bilancio del 2002. Nel dettaglio si fa riferimento all’incremento al milione. Quest’ultimo è pari a 191,74 euro.
Rispetto alla misura piena, questa maggiorazione si lega a pensionati non coniugati privi di reddito. Rispetto a quella parziale, a quelli coniugati con reddito non maggior di 8476,26 all’anno. 14459,90 qualora coniugati.
In seguito ai settant’anni di età dunque, l’assegno sociale può oscillare fra 516,46 euro e 659,85 mensili, per tredici mensilità.
Non soltanto la maggiorazione che si lega a coloro che hanno un’età maggiore di settanta. Una possibilità di incremento si legga al comma 1 legge di bilancio 2001, dove si va a prevedere una maggiorazione non soggetta a perequazione. Questa è pari a 12,92 euro mensili. Nel dettaglio, riguarda chi ha un reddito all’anno minore di 6145,75 euro annui e 12.854,14 qualora coniugati.
Quella in forma piena riguarda però soltanto coloro che possiedono redditi minori di 5983,64, e 12.686,18 circa i coniugati. Inoltre, riguarda chi ha sessantasette anni di età, con il diritto maggiorazione che spetta sino a quando si compiono settant’anni.
Per quanto riguarda le donne, non vi sono differenziazioni rispetto agli uomini in termini di cifre e requisiti. Quest’ultime hanno anche la possibilità rappresentata dalla pensione casalinghe, il cui versamento riguarda il fondo dal medesimo nome a coloro che non possiedono contributi lavorativi.
Stessi requisiti, però in tal caso si prevede che i soggetti autofinanzino il trattamento da pensione. L’iscrizione riguarda anche gli uomini e l’aspetto vantaggioso riguarda il fatto che una volta raggiunti quantomeno cinque anni di contributi, sono possibili delle alterative.
Quali la pensione di inabilità, per chi ha una riconosciuta invalidità rispetto ad ogni tipo di attività di lavoro. E poi quella di vecchiaia, raggiunti i cinquantasette anni. O sessantacinque qualora i versamento non bastassero alla maturazione di un assegno che fosse pari quantomeno agli importi inerenti l’assegno sociale maggiorato del venti per cento.
La quantificazione dell’importo pensionistico per casalinghe si lega al calcolo contributivo, considerata anche la rivalutazione periodica ISTAT circa il Prodotto Interno Lordo. Su per giù, si avrebbe diritto a 1000 euro al mese con trentacinque anni di contributi.
In merito alla tassazione ed assegno sociale, la misura è esentasse.
Questi alcuni dettagli al riguardo, ma è bene fare approfondimenti per avere altre info e chiarire eventuali dubbi. Anche mediante confronti con esperti in materia.
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