Secondo un ben preciso ragionamento, la Corte Costituzionale ha negato la possibilità di lavorare come dipendenti, anche con contratto di lavoro intermittente, a tutti coloro che hanno usufruito di Quota 100 per pensionarsi.
Si tratta di un provvedimento che sicuramente non farà piacere ai pensionati più attivi e in buona salute, e che sono andati in pensione grazie a Quota 100.
Infatti la Corte Costituzionale ha depositato le motivazioni alla sentenza n. 234 di quest’anno, ed emerge che questi giudici hanno ritenuto legittima, e dunque valida, la regola che impedisce ogni possibile rapporto di lavoro subordinato o dipendente, anche di tipo intermittente, ai pensionati con Quota 100.
Proprio così: non una limitazione all’attività di lavoro dipendente, ma un vero e proprio divieto, qualsiasi essa sia. Perciò anche a colui che fino a prima della pensione aveva una seconda attività, è oggi impedito di svolgerla nuovamente o di riprenderla. I dettagli.
Come accennato in apertura, è stop al lavoro per i pensionati agevolati con lo strumento di Quota 100, che ha consentito il pensionamento anticipato – ‘aggirando’ le regole più rigide della legge Fornero. Ricordiamo che Quota 100 è stata attiva dal 2019 al 2021, permettendo l’uscita anticipata dal mondo del lavoro per tutti coloro con almeno 38 anni di contributi con un’età anagrafica minima di 62 anni. Il meccanismo agevolativo è peraltro caratterizzato dall’assenza di penalizzazioni sull’assegno (se non quella legata al minor montante contributivo). E’ noto che a seguito di Quota 100, per il solo anno in corso è stata prevista al suo posto Quota 102 per andare in pensione a 64 anni, come nuovo strumento di pensionamento anticipato – in attesa di una riforma strutturale della previdenza.
Ebbene, come detto poco sopra, chi ha goduto dell’agevolazione di Quota 100, secondo la Consulta, non può più lavorare dopo la pensione. Questo per un motivo ben preciso e che ha che fare con una mera considerazione logica.
Infatti la richiesta agevolata di uscire anticipatamente dal lavoro per andare in pensione si scontrerebbe con la scelta della prosecuzione di una diversa prestazione di lavoro subordinato, qualunque essa sia. Ecco perché secondo questi giudici è certamente opportuno l’assoluto divieto di cumulo tra pensione Quota 100 e reddito da lavoro dipendente.
Si tratta delle conclusioni cui è giunta la Corte Costituzionale che, nelle ultime ore, ha depositato le motivazioni alla sentenza n. 234 del 2022, con cui ha risolto la questione di legittimità costituzionale esposta dal tribunale di Trento sulla norma legata al divieto di cumulo (art. 14, comma 3, dl 4/2019), per disparità di trattamento rispetto alla facoltà di cumulo parziale del lavoro autonomo occasionale (fino a 5mila euro). In particolare nell’ambito della questione è richiamato l‘art. 3 della Costituzione.
La vicenda da cui si è tratto spunto per la pronuncia attiene alla situazione di un lavoratore pensionatosi con Quota 100 dal primo maggio 2019, e che poi ha continuato a lavorare pur con rapporti di lavoro intermittente.
Ebbene, emerso ciò, l’Inps applicò il divieto assoluto di cumulo della pensione anticipata Quota 100 (art. 14, dl n. 4/2019) con i redditi da lavoro subordinato, chiedendo in particolare il rimborso dei ratei di pensione già versati.
Nell’ambito del suo recente provvedimento la Consulta ha chiarito che il divieto di cumulo in oggetto consente di far fronte ad esigenze di razionalità del sistema pensionistico, ed infatti il regime derogatorio introdotto dal legislatore del 2019 – appunto Quota 100 – se da un lato costituisce una misura sperimentale e temporalmente limitata, dall’altro è oggettivamente molto vantaggioso per chi scelga di farvi ricorso.
Per questo dunque la Corte ricorda che non va affatto contro la legge il comportamento del soggetto che sceglie di usufruire di questo trattamento di pensionamento agevolato, uscendo prima dal mercato del lavoro. E ciò anzi favorisce sia la sostenibilità del sistema previdenziale, che il ricambio generazionale.
Inoltre, nel suo provvedimento la Consulta ha osservato che non vi è alcuna contraddizione tra la situazione dei redditi da lavoro autonomo occasionale entro la soglia di 5mila euro lordi all’anno e i redditi da lavoro intermittente. Questo perché non sono omogenee le situazioni poste a confronto, e proprio l’assenza di omogeneità fra le prestazioni di lavoro porta alla conclusione che non è violato il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nonostante la citata questione di legittimità costituzionale –
Concludendo, il divieto di cumulo è allora giustificato dalle regole specifiche sul pensionamento anticipato e si combina con l’obiettivo di assicurare un’effettiva uscita dal mondo del lavoro del pensionato.
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