Nell’ultima bozza della legge di Bilancio si parla di una entrata o retribuzione una tantum anche se non è indicate una cifra esatta.
Si dovrebbe trattare di aumenti che nel 2023 saranno destinati ai dipendenti statali ed erogati su 13 mensilità. Però, la cifra non è ancora quantificata.
Di solito il governo quando prevede il rinnovo di un contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) stabilisce una cifra bassa per il primo anno che poi aumenta il secondo e il terzo anno. Dopo la firma del contratto di lavoro lo Stato pagherà gli arretrati: di solito fuori tempo massimo.
La nuova legge di Bilancio 2023, invece, potrebbe contenere una storia diversa. Infatti, sembra che gli aumenti degli stipendi per i dipendenti statali potrebbero essere pagati fin dal primo anno. La cifra non è ancora decisa dichiarata anche se si ipotizza che le risorse per i dipendenti statali siano di circa 500 milioni di euro.
Per gli esperti, in realtà, la cifra non basterebbe sia a causa dell’inflazione sia perché questa retribuzione una tantum dovrebbe essere erogata anche alle forze di sicurezza. Quindi, l’aumento non basterebbe per tutti i beneficiari soprattutto per quelli che hanno stipendi fino a 1.400 euro.
Anche per la questione pensionamenti anticipati, ovvero la possibilità di una uscita più flessibile dal mondo del lavoro lascia molti dubbi. Nella legge di Bilancio il governo ha ipotizzato la possibilità per i lavoratori di uscire dal mondo del lavoro con 62 anni di età e 41 anni di contributi versati. Si tratta della Quota 103 che però i dipendenti pubblici potranno sfruttare solo aspettando la finestra di 6 mesi.
A tal proposito, il governo ha eseguito alcune simulazioni e nel 2023 lo scivolo permetterà l’uscita anticipata a 48mila persone. però i dati reali rilevano che solo 14mila dipendenti statali tra uomini e donne hanno maturato i 41 anni di contributi.
Il governo offe ai lavoratori che dovrebbe andare in pensione la possibilità di un premio e di conseguenza uno stipendio più alto. Il premio consiste nel restare a lavoro e ricevere in busta paga tutti i contributi previdenziali. Di conseguenza, lo stipendio netto aumenterebbe del 33%. Ad esempio, la busta paga per un funzionario pubblico aumenterebbe dai 200 ai 700 euro netti al mese.
Però, qualora il lavoratore accettasse di rimanere la possibilità di andare in pensione sarebbe “congelata” e l’importo della pensione sarà quello maturato al momento del raggiungimento dei requisiti. Insomma, una scelta destinata a una platea di beneficiari molto ristretta ma a cui dovranno pensare al momento opportuno.
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