Sono state giornate tese tra l’esecutivo e l’Ue a causa delle prese di posizione del Governo sui pagamenti tramite carta di credito e contanti.
È atteso in questi giorni il testo della manovra economica che prevede multe per gli esercenti che si rifiutano o non hanno a disposizione mezzi per premettere pagamenti con carta di credito.
Dopo giorni di tensioni, ora l’esecutivo fa marcia indietro. Il governo Meloni aveva eliminato le multe per chi non accetta pagamenti con il POS sotto la soglia dei 60 euro. Si tratta di una decisione frutto delle tensioni tra la libertà individuale di spesa tipica della destra e gli obbiettivi dell’Ue per quanto riguarda conti pubblici ed evasione fiscale.
Si preannuncia un percorso a tappe serrate per approvare tutti i provvedimenti della manovra economica entro fine anno. Saranno reintrodotte le sanzioni per i mancati pagamenti elettronici sotto i 60 euro?
Potrebbe andare anche peggio costringendo gli esercenti ad accettare la carta di credito anche per somme più esigue e fino ai 30 euro. È una questione di punti di vista, gli esercenti hanno addosso il peso di un Fisco percepito come eccessivamente invadente e di contro c’è chi vede una giustificazione in più per permettere il nero e l’evasione fiscale.
Cosa significa obbligo di Pos nei negozi? Per il governo significa che gli esercenti dei negozi e gli ambulanti con banchi al mercato non sarebbero obbligati ad accettare carte di credito, bancomat, o applicazioni di pagamento digitali come Satispay per acquisti sotto una certa soglia.
In una seconda bozza della Manovra la soglia per il POS applicata è pari a 60 euro. Non si tratta della versione inviata all’Ue, in cui la cifra ben più bassa era la metà e pari a 30 euro. “Sono in corso interlocuzioni con la Commissione europea, il cui esito sarà tenuto in considerazione nel prosieguo dell’iter della legge di bilancio”.
Secondo gli esperti della Commissione europea, le modifiche inserite nella Legge di bilancio sono in contrasto con gli impegni presi nell’ambito dell’accordo sul PNRR. Nel concreto l’Ue ha il coltello dalla parte del manico sulla maggioranza delle decisioni del Governo; la “minaccia” è il taglio dei finanziamenti spettanti previsti dal Piano di resilienza. Due terzi dei 35 miliardi di euro messi a disposizione dalla manovra servono soltanto per la proroga di provvedimenti per mitigare gli effetti del caro energia su imprese e famiglie.
Per questo le risposte agli italiani date da Palazzo Chigi dovranno provenire da atti di responsabilità, considerando risorse esigue per le quali si fa largamente affidamento all’Ue. Tutto ciò non soltanto in termini finanziari ma anche di credibilità e di sostegno futuro.
La congiuntura internazionale con l’invasione dell’Ucraina e l’inflazione imprevista ha completamente spostato il peso delle decisioni politiche a favore dell’unità dei Paesi membri dell’Ue.
Tra gli elementi più importanti previsti nel testo in questo senso vi sono diverse misure su fisco, pensioni e politiche di welfare. La manovra, composta da 156 articoli, prevede infatti oltre la mitigazione del costo dell’energia, la revisione della pressione fiscale con l’aumento dei beneficiari della flat tax. Oltre questo da segnalare l’introduzione provvisoria per un anno di quota 103 che prevede l’inizio della pensione a 62 anni e 41 di versamenti.
Spicca poi l’introduzione di un “contributo di solidarietà” per il 2023 sugli extraprofitti che riguarda circa settemila aziende energetiche da cui si stima di ricavare 2,5 miliardi.
Tra le altre novità la creazione di un fondo alimentare da mezzo miliardo di euro destinato all’acquisito di beni di prima necessità, tramite una tessera destinata a soggetti a basso reddito.
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