Le obbligazioni indicizzate all’inflazione sono titoli a reddito fisso ideati per proteggere gli investitori dall’inflazione.
L’indicizzazione consente così di ottenere una rendita che varia in correlazione alla crescita o alla diminuzione dell’inflazione.
Obbligazioni o ancor meglio titoli di Stato indicizzati all’inflazione; conviene entrare oggi a mercato su questi titoli? La risposta non è semplice ma è chiaro come altri Titoli di Stato meno pubblicizzati abbiano sul breve termine rendimenti molto maggiori.
L’inflazione è la variabile chiave con cui si confrontano gli investitori che puntano sul reddito fisso in questi mesi. Nell’ultimo anno i prezzi al consumo sono saliti con l’impossibilità di investire senza tenere in considerazione l’effetto negativo sul rendimento finale. Gli interessi maturati aumentano e diminuiscono in base all’inflazione che con il correttivo dell’indicizzazione, come ad esempio quello presente sul BTP Italia, viene in parte compensata. È ciò che le istituzioni come il Mef hanno previsto; tuttavia, la realtà è un po’ diversa.
Il fenomeno inflattivo riduce il potere d’acquisto e diminuendo i rendimenti reali nel tempo. Questo accade anche se il tasso di inflazione è relativamente basso. Tuttavia, con titoli dedicati a un fenomeno arrivato a livelli record, gli investitori non si fanno attendere; il rischio è una quotazione in aumento e profitto finale comunque inferiore alle aspettative.
Oltre il rendimento cedolare lordo bisogna considerare la variabile temporale; per capire se i titoli indicizzati all’inflazione meritano ancora oggi di essere sottoscritti. La velocità con cui l’inflazione scenderà è una variabile critica. Ciò che appare chiaro per ora è che, per quanto riguarda l’Ue e quindi l’Italia, sarà difficile vederla tornare nel prossimo anno all’obiettivo del 2%.
In questo contesto si prevede un graduale calo dell’inflazione nel 2023, ma con l’indice dei prezzi al consumo che si manterrà al di sopra del 4% annuo per avvicinarsi al 3% entro la fine dell’anno.
Non a caso molti investitori si domandano se e quando sarà il caso di ridurre l’esposizione sui titoli a reddito fisso acquistati durante il boom dell’inflazione. Per avere un confronto si possono prendere ad esempio due Titoli:
In un contesto di breve termine è evidente che c’è poca convenienza sui titoli dedicati a proteggere l’inflazione considerando come scenario base le aspettative attuali. La tendenza è stata messa in evidenza anche dalla curva dei rendimenti Usa.
I rendimenti dei Treasury USA a due anni sono stati superiori a quelli dei titoli a 10 anni e successivamente il divario si è allargato. Recentemente però i prezzi al consumo e alla produzione hanno mostrato come l’inflazione Usa sembra aver raggiunto il picco e iniziato a scendere.
Ciò ha provocato un aumento dei prezzi delle obbligazioni e un calo dei rendimenti. Il calo più rapido dei rendimenti dei Treasury a lungo termine rispetto a quelli a breve termine ha fatto sì che il divario tra i titoli a due e 10 anni si sia ampliato a -0,68 punti percentuali. Un evento raro che è stato osservato l’ultima volta nell’ottobre 1982, quando l’economia Usa fronteggiava una recessione durata circa un anno.
Si preannuncia un inverno che porterà solo con la primavera qualche sollievo alla pressione sui Titoli di Stato. Tuttavia, bisogna fare attenzione alla velocità con cui i rendimenti effettivi possono essere influenzati.
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