La Legge di Bilancio 2023 stabilisce la proroga di Opzione Donna solo per le caregivers, le disabili e le disoccupate. Ma cosa potrebbe cambiare?
In attesa della Riforma delle pensioni definitiva, potrebbe essere decisa una proroga di Opzione Donna solo per 6 oppure 8 mesi.
Il Governo, dunque, sembra aver fatto un passo indietro rispetto alle modifiche che consentivano l’accesso alla misura pensionistica con 58 o 59 anni di età alle lavoratrici con figli a carico. La manovra, infatti, aveva scatenato non poche polemiche negli scorsi giorni.
In attesa di informazioni più dettagliate da parte della maggioranza, vediamo quali sono le idee per innovare e riconfermare questo importante strumento di flessibilità in uscita.
Per ulteriori informazioni, consulta anche il seguente articolo: “Pensione Opzione donna: come cambierà nel 2023 ma non sarà destinata a tutte“.
Dopo aver ascoltato le critiche da parte di opposizione e sindacati alle modifiche apportate ad Opzione Donna, l’Esecutivo è al lavoro per trovare una soluzione che possa accontentare una vasta platea di contribuenti.
La versione attuale del testo di legge prevede il rinnovo di un anno per la pensione anticipata per le lavoratrici, con il ricalcolo contributivo dell’assegno previdenziale. Tale agevolazione, tuttavia, sarebbe riservata solo a coloro che prestano assistenza ad un familiare disabile grave, alle invalide civili e a coloro che sono state licenziate.
La Legge di Bilancio 2023, inoltre, prevede la possibilità di accedere al pensionamento in anticipo con 35 anni di anzianità contributiva e 60 anni di età anagrafica. Allo stesso tempo, sancisce uno “sconto” per le lavoratrici che hanno un figlio (che possono smettere di lavorare anche a 59 anni) e per quelle che hanno 2 o più figli (che possono congedarsi a 58 anni).
Proprio tale previsione ha suscitato polemiche ed indignazione. In questo modo, infatti, si restringerebbe eccessivamente la platea di beneficiarie; potranno usufruire di Opzione Donna, infatti, non più di 2.900 contribuenti, per un costo di 20,8 milioni. La “proroga secca” (ipotizzata lo scorso anno dal Governo Draghi), al contrario, costerebbe circa 110 milioni di euro. Analizzando tali dati, si comprende che le idee dell’Esecutivo nascerebbero per ragioni economiche.
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Debora Serracchiani ha ribadito l’opinione del PD, per il quale “quella del Governo è una stretta miope, un pericoloso passo indietro”. Anche per +Europa, Opzione donna, in questo modo, “sarebbe discriminatoria e incostituzionale”.
In realtà, lo stesso Ministro del Lavoro, Marina Calderone, auspica un intervento sull’attuale misura. La strada più semplice sembrerebbe, al momento, quella di una proroga secca (anche solo temporanea), in attesa di iniziare i lavori con le parti sociali per la tanto agognata Riforma delle pensioni. La speranza, infatti, è che, entro il prossimo anno, possano essere introdotte nuove forme di flessibilità in uscita.
Anche l’OCSE ha invitato tutti i Paesi a non trascurare le riforme dei sistemi pensionistici, soprattutto con l’attuale crisi lavorativa.
I sindacati, capeggiati dalla CGIL, hanno annunciato una manifestazione nazionale a Roma, per il prossimo 16 dicembre, per protestare contro il taglio alle rivalutazioni degli assegni previdenziali.
Infine, a proporre un passo indietro su Opzione Donna è anche l’ex Ministro del Lavoro, Cesare Damiano. Non resta, dunque, che attendere le prossime mosse dell’Esecutivo.
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