La BCE potrebbe annunciare anche l’inizio del Quantitative Tightening a partire dal 15 dicembre. Ci saranno anche ricadute sui prezzi dell’energia?
La prossima riunione della BCE è attesa per prezzare quali ricadute a lungo termine avranno i rialzi dei tassi. La politica monetaria non terrà conto della recessione moderata che è stata prevista da diversi istituti internazionali anche per l’Italia.
È una divergenza nella politica della Fed che la nostra Banca Centrale deve conseguire date le diverse caratteristiche strutturali che stanno causando l’inflazione in Europa.
L’Ue per voce della BCE ha ribadito un concetto: “una recessione moderata non sarà sufficiente a far scendere l’inflazione, e quindi non frenerà gli aumenti”. Quali dati osservare per capire quando scenderà l’inflazione in Ue? Uno di questi è sicuramente il prezzo e la disponibilità delle materie prime energetiche.
Le stime sul consumo di gas evidenziano la presenza di un elevato livello di stoccaggi che dovrebbero consentire di terminare l’inverno con una scorta di circa 2,7 miliardi di metri cubi. Se una competizione sui prezzi futuri ci sarà questa inizierà nuovamente solo tra primavera ed estate. Nel frattempo, a condizioni invariate il prezzo del gas non dovrebbe continuare a mettere pressione sul costo della vita.
Un’altra condizione in grado di incidere sui tempi della stretta monetaria in Ue è l’effetto della possibile implementazione del Quantitative Tightening che ha raccolto il parere favorevole della maggioranza dei membri del Consiglio. Il QT prevede la fine degli acquisti dei titoli obbligazionari e potrebbe alimentare pressioni di vendita sui titoli di Stato. Un effetto collaterale in grado sicuramente di restringere il credito, i consumi e quindi contrastare più velocemente l’inflazione.
Il terzo e utlimo elemento è il price cap sul gas e l’embargo sul petrolio. Per il primo si sta ancora cercando un compromesso tra gli Stati membri. L’ultima proposta è stata un tetto di 264 euro per 5 giorni con uno spread rispetto al Gnl di 58 euro.
È entrato in vigore due giorni fa invece l’embargo dell’Unione sulle importazioni di petrolio russo. Nel tentativo di limitare la Russia l’aspettativa sulla guerra potrebbe essere quella di una vittoria russa entro questo inverno?
Ora i Paesi del G7 Australia compresa consentiranno un prezzo massimo di scambio del petrolio russo a 60 dollari al barile.
Il gruppo delle economie più sviluppate del mondo ha stabilito il limite di prezzo pensando anche sostenere la stabilità nei mercati energetici globali e per ridurre al minimo le ricadute economiche negative. Ora è necessario riuscire a implementarla: ci sono due prezzi del petrolio russo, rispettivamente assegnato ai prodotti raffinati di alta e bassa qualità.
Concordare il limite di prezzo è stato il primo passo di un lungo processo. Per garantire una transizione senza intoppi, il limite di prezzo non si applicherà al petrolio acquistato al di sopra del limite prima del 19 gennaio 2023.
Ma quando tale scadenza sarà raggiunta, monitorare come viene rispettato il limite non sarà semplice. Qual è la reazione della Russia al price cap sul petrolio? La Russia non accetterà il limite e potrebbe privare completamente di petrolio i “paesi che sostengono il limite contrario alle leggi di mercato”. Se la Russia è già pronta con una flotta di 103 petroliere per consegnare petrolio a India, Cina e Turchia e superare le sanzioni occidentali, l’Ue non ha modo di prepararsi a un contro embargo da parte russa.
Senza considerare ritorsioni si tratta quindi per ora di una misura che lascia un po’ il tempo che trova e non sembra poter incidere maggiormente sull’aumento dei prezzi. Si continuerà a finanziare l’economia russa a un ritmo inferiore su una guerra che la Russia ha già in pugno sul piano tattico. Le operazioni in Ucraina non hanno subito finora effetti dalle sanzioni e richiedono uno sforzo diretto dal punto di vista militare per poter essere fermate. Questo, tuttavia, non accadrà per il rischio di nuove escalation.
In tutto questo l’Opec+ non vuole essere sotto i riflettori. Si continuerà a inviare il petrolio russo a Paesi terzi utilizzando petroliere del G7 e dell’Ue. Il mercato unico si risveglia sotto un’unità forzata frutto delle circostanze che mettono a rischio la sua stessa esistenza. A questo si affiancano i nuovi timori per all’Inflation Reduction Act (Ira) dell’Amministrazione Biden.
Per rispondere ai suoi effetti la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ieri ha annunciato l’intenzione di allentare ulteriormente le regole sugli aiuti di stato dell’Unione europea. Quello Usa è un piano da 368 miliardi di dollari che stanzia sussidi per il clima e i trasporti, in grado di portare a una concorrenza sleale, verso i mercati europei.
“Gli aiuti di stato sono uno strumento sperimentato e testato qui in Europa per incentivare le attività di impresa per l’interesse pubblico”, ha detto la presidente von der Leyen. Snellire le regole e renderle semplici e prevedibili può aiutare l’Ue a reagire alla crescente competizione globale in campo da parte di Usa e Cina in alcuni settori strategici.
Continuano intanto le trattative sulla formulazione del price cap, entro una settimana il 13 dicembre, il Consiglio straordinario Energia che dovrebbe decidere le sorti del tetto al prezzo del gas.
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