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Reversibilità: senza contributi spetta comunque l’assegno, ma l’importo INPS è questo

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A quanto ammonta la pensione di reversibilità ai familiari superstiti se non si possiedono i contributi richiesti? Scopriamolo.

I familiari di un lavoratore o pensionato deceduto hanno diritto alla pensione di reversibilità.

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La prestazione spetta in entità differente, a seconda del grado di parentela sussistente e del reddito posseduto dal superstite beneficiario.

Esiste, poi, la cd. pensione indiretta, versata secondo le stesse regole della pensione di reversibilità; in tal caso, però, la legge stabilisce un preciso presupposto contributivo per il dante causa, affinché i suoi familiari possano ricevere la prestazione. Vediamo, dunque, cosa succede se non si possiedono i contributi necessari.

Non perdere il seguente approfondimento: “Pensione di reversibilità: la verità sul calcolo dell’assegno anche per il 2023“.

Reversibilità e pensione indiretta: il presupposto contributivo

La pensione indiretta è erogata soltanto se il lavoratore assicurato ha maturato una specifica anzianità contributiva. La disciplina normativa di riferimento stabilisce che il pagamento della misura ai superstiti del lavoratore deceduto avviene se questi ha accumulato almeno 15 anni di contribuzione, dei quali 3 anni negli ultimi 5 anni precedenti il decesso.

Se tale presupposto non sussiste, i familiari superstiti non hanno diritto alla pensione indiretta. Tuttavia, a differenza di quanto avviene per il requisito contributivo richiesto per la pensione in vita, i contributi maturati non si perdono.

Cosa succede, quindi, se non si hanno abbastanza versamenti previdenziali per la reversibilità? Ai familiari del dante causa è riconosciuta la cd. indennità di morte. Si tratta di un sussidio una tantum (dunque, pagato solo una volta), che, però, può consistere anche il cifre molto elevate.

Potrebbe interessarti anche il seguente articolo: “La pensione di reversibilità è pignorabile? Questa è la verità che non tutti conoscono“.

A quanto ammonta la pensione?

Come abbiamo anticipato, la pensione indiretta spetta solo se il lavoratore assicurato deceduto possedeva almeno 15 anni di contributi, di cui 3 negli ultimi 5 anni di vita. Se non è stato raggiunto tale requisito, i contributi non si perdono; consentono, infatti, ai familiari superstiti di accedere ad una reversibilità particolare, l’indennità di morte.

Il pagamento della prestazione può avvenire una volta soltanto ed il suo importo cambia in base al sistema di calcolo che sarebbe stato utilizzato per determinare la pensione del dante causa. L’ammontare, dunque, si differenzia a seconda dell’adozione del sistema retributivo, misto o contributivo puro. In altre parole, è fondamentale l’anzianità contributiva del lavoratore e la circostanza che possieda o meno versamenti previdenziali prima del 1996.

Se, infatti, il contribuente deceduto ha versato contributi solo prima del 1996 (calcolo retributivo) oppure prima e dopo il 1996 (sistema misto), l’indennità di morte spettante sarà uguale a 45 volte la cifra dei contributi versati (cioè un minimo di 22,31 euro ed un massimo di 66,93 euro). L’assicurato, però, deve avere almeno un anno di contributi nei 5 anni antecedenti la sua morte.

Se, invece, il lavoratore ha versato contributi solo a partire dal 1° gennaio 1996, i familiari superstiti hanno diritto ad un’indennità di morte pari all’ammontare dell’assegno sociale (cioè di 468,11 euro, per il 2022, e di 502,28 euro, per il 2023) moltiplicato per il numero di anni di contributi del dante causa.

Infine, per i periodi di contributi minori di un anno, l’indennità di morte è pagata in proporzione alle settimane coperte dai contributi. Ad esempio, se il lavoratore ha raggiunto 10 anni di contributi, la cifra della prestazione di reversibilità, pagata ai familiari, è di 4.680 euro (cioè l’assegno sociale moltiplicato per 10 anni di contributi).

Chi ha diritto alla reversibilità?

Ricevono l’indennità di morte a titolo di reversibilità il coniuge o i figli del lavoratore deceduto, se ha accumulato contributi prima del 1996 (sistema retributivo) oppure sia prima sia dopo il 1996 (sistema misto).

Se, invece, la prestazione soggiace al calcolo contributivo, spetta anche ai genitori del lavoratore, se non ci sono coniuge e figli, oppure ai fratelli e alle sorelle, in assenza di altri beneficiari.

Bisogna specificare, tuttavia, che la reversibilità senza contributi è un diritto riservato ai soli superstiti che non percepiscono rendite INAIL legate al decesso del lavoratore e che non superano determinati limiti di reddito.

Nello specifico, la soglia reddituale per poter percepire l’indennità di morte è la stessa per l’erogazione dell’assegno sociale; e, dunque, un massimo di 6.085,43 euro l’anno (per il 2022) e di 6.529,64 euro (per il 2023), se il destinatario non è coniugato. Se, invece, è coniugato non deve superare i 12.170,86 euro (per il 2022) e i 13.059 euro (per il 2023).

Se uno dei destinatari non possiede tali presupposti, l’assegno di reversibilità senza contributi è attribuito agli altri superstiti in possesso dei requisiti.

La richiesta per la reversibilità senza contributi può pervenire entro un anno dalla morte del lavoratore assicurato (per il sistema di calcolo misto o retributivo) oppure entro 10 anni dal decesso (per il sistema contributivo).

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