Permessi legge 104 per parenti e affini di terzo grado: possono essere concessi, ma solo a determinate condizioni.
Questi tre giorni di assenza dal lavoro retribuiti al mese vengono infatti concessi- oltre che ai disabili stessi- innanzitutto ai genitori, al coniuge, alla parte dell’unione civile e ai conviventi di fatto fino ad arrivare a parenti e affini di secondo grado.
Il diritto può essere esteso anche ad altri familiari, a patto però di soddisfare precisi requisiti individuati dalla legge.
Una nostra lettrice ha inviato il seguente quesito: “Buonasera, vi sarei molto grata se mi spiegaste per quale motivo da circa 10 anni mi venga ripetutamente respinta la richiesta per usufruire dei tre giorni di astensione dal lavoro per uno zio novantenne (marito della sorella di mia madre), vedovo e senza figli. È domiciliato a casa mia da più di 6 anni (non si può variare la residenza per motivi legati alla ricostruzione post sisma 2016) e secondo la legge io sarei un affine di terzo grado. N.B.Faccio presente che la cosa grave, incoerente e non comprensibile è che la mia prima domanda inoltrata on line circa 10 anni fa sia stata accolta per più di un anno. Grazie. Attendo notizie, distinti saluti.”
I permessi spettano ai familiari di persone con disabilità grave ai sensi della legge 104/94 articolo 3 comma 3. Devono essere lavoratori dipendenti, anche part-time, che risultino assicurati per le prestazioni di maternità presso l’INPS. Non spettano invece:
Come già evidenziato, questi tre giorni di permesso mensili- frazionabili anche a ore- spettano ai genitori, al coniuge, a parenti e affini fino al terzo grado.
Ad esempio, sono parenti di primo grado genitori e figli; di secondo grado nonni e nipoti e di terzo grado nipote e zio. I cugini sono parenti di quarto grado. Sono invece affini di primo grado suocero e genero oppure suocero e nuora; affini di secondo grado i cognati; gli affini di terzo grado gli zii del coniuge.
Il diritto di fruire dei permessi legge 104 spetta anche ai parenti e agli affini di terzo grado solo se i genitori, il coniuge, la parte dell’unione civile o il convivente di fatto della persona con disabilità grave abbiano compiuto i 65 anni, siano affetti da patologie invalidanti oppure siano deceduti o mancanti. Come chiarito dall’interpello n. 19/2014 del Ministero del Lavoro, non è infatti necessario che tutti i parenti e affini di secondo grado si trovino nell’impossibilità di assistere la persona disabile: questa condizione riguarda solo i familiari elencati.
In merito al quesito della lettrice, confermiamo che può richiedere i permessi per assistere lo zio novantenne vedovo- affine di terzo grado- se è lavoratrice dipendente e lui è riconosciuto disabile in situazione di gravità. Quindi risulta essere in possesso di tutti i documenti richiesti dalla legge. Al contrario del congedo straordinario, non è obbligatoria la convivenza con il disabile per inoltrare la domanda.
Se la domanda continua a essere respinta e ritiene di avere tutti i requisiti, consigliamo di rivolgersi a un Patronato o altro ente per ricevere assistenza. Oppure di recarsi direttamente presso l’INPS per verificare le motivazioni del rifiuto.
Se hai dubbi o vuoi porre una domanda di carattere previdenziale, fiscale e legge 104, invia qui il tuo quesito.
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