Quali sono le possibilità di accedere alla pensione nel 2023 per il lavoratore che ha iniziato la carriera dopo il 1995 (cd. lavoratore che rientra nel contributivo puro) e non ha quindi contributi versati nel sistema retributivo?
La pensione è un sospirato traguardo per molti lavoratori i quali, con l’avanzare dell’età, si domandano con sempre maggiore frequenza in che modo accedere agevolmente al trattamento pensionistico ed uscire dal mondo del lavoro.
Al di là della riforma pensioni prevista il prossimo anno, la introduzione di Quota 103 e la conferma di Opzione donna e Ape sociale, non vi sono sostanziali novità al momento su questi temi, ma ciò non toglie che per chi ha iniziato a lavorare dopo l’anno 2000 sia possibile, già ora, poter parlare di accesso al trattamento pensionistico.
Proprio così: il 2023 potrebbe essere l’anno chiave sul fronte previdenziale per non poche persone, le quali potrebbero giungere all’agognato traguardo. Ma come farlo dopo aver cominciato a lavorare dopo il 2000? Cercheremo di fare chiarezza a riguardo di seguito, nel corso di questo articolo, nella consapevolezza che districarsi oggi, nel complesso mondo delle pensioni, non è affatto facile – e ciò specialmente se non si hanno chiari i requisiti.
Una puntualizzazione è subito doverosa: chi ha cominciato a lavorare nel 2000, non ha alcuna possibilità di accedere a Quota 103, essendo questo meccanismo agevolato di pensionamento riservato a coloro che hanno almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi regolarmente versati.
Chiaro dunque che non può applicarsi a chi ha iniziato a lavorare poco più di 20 anni fa, ma non dobbiamo dimenticare che non sono pochi i casi di persone che hanno cominciato a lavorare in età avanzata. Si tratta di soggetti che per forza si trovano innanzi alla questione di dover andare in pensione con una carriera non certo lunga, con il rischio di incassare poi un trattamento comunque di ridotto ammontare – sempre a condizione di cogliere i requisiti di accesso. Sono i problemi che affliggono coloro che hanno carriere frammentate e precarie, oltre che percorsi lavorativi iniziati in età non più giovane.
Come già accennato, le novità 2023 che il Governo Meloni inserirà nello scenario della previdenza non sono utili per favorire il pensionamento di chi ha iniziato a lavorare non da giovanissimo. L’Esecutivo ha infatti focalizzato l’attenzione anche sulle misure per accedere alla pensione nel 2023, ma guardando in particolare alla situazione dei dipendenti e lavoratori con carriere durature nel tempo.
Insomma, a rimetterci – almeno per ora – sono i lavoratori discontinui e le donne. E questo in attesa di una riforma pensioni che disponga anche per loro e preveda, se e ove possibile, adeguati strumenti di accesso alla pensione. Tuttavia, anche per chi ha carriere ridotte qualche possibilità di pensionarsi nel 2023, c’è.
Vero è che ci sono persone che, per i più svariati motivi, hanno iniziato a lavorare non più giovanissime. Pensiamo a chi ha badato ai figli, a chi ha avuto problemi di salute o a chi ha dovuto accudire una persona disabile, per esempio: questi sono solo una parte dei casi nei quali una persona si trova poi costretta a iniziare a lavorare molti anni dopo il compimento della maggiore età.
Non manca chi, dopo aver superato i 60 anni, si chiede come fare a pensionarsi con una ventina d’anni o poco più di contributi regolarmente versati, e i casi sono innumerevoli. In dette circostanze non possono applicarsi le regole della legge Fornero che consentono di andare in pensione dopo 42 anni e dieci mesi di contribuzione (un anno in meno per le donne). Piuttosto sarebbe applicabile il meccanismo della pensione di vecchiaia, ma chi ha una carriera così ridotta dovrà attendere fino ai 67 anni di età (oltre ai 20 anni di contributi).
Ci si potrebbe chiedere se vi sono vie per accedere alla pensione nel 2023 prima dei 67 anni, e con magari 22 o 23 anni di contributi nel 2023, e la risposta anzitutto deve tener conto dell’anno di inizio della carriera. La questione sussiste, se pensiamo che la stragrande maggioranza delle prestazioni previdenziali riconducibili all’Inps, incluse quelle nuove per il 2023, comportano carriere lunghe ben oltre i 20 anni di contributi.
Per queste persone la soluzione potrebbe essere la pensione anticipata contributiva, prevista oggi per i meri lavoratori iscritti al sistema pensionistico a partire dal 1° gennaio 1996, e che include:
Tuttavia non bisogna dimenticare una ulteriore condizione per accedere a questa pensione prima dei 67 anni: chi intende beneficiarne deve aver maturato un assegno pensionistico uguale ad almeno a 2,8 volte l’ammontare dell’assegno sociale, come ogni anno rivalutato sulla scorta dei dati ISTAT. Per quanto riguarda l’anno che sta per concludersi l’importo mensile dell’assegno sociale è pari a 469 euro circa, conseguentemente per avvalersi della pensione anticipata contributiva, l’interessato deve aver conseguito un assegno previdenziale pari o maggiore di 1.313 euro.
Non dimentichiamo che l’assegno sociale salirà di ammontare nel 2023, ma – in attesa degli aggiornamenti dell’istituto di previdenza – possiamo al momento solo ipotizzare che il prossimo anno servirà una pensione superiore a 1.400 euro per rispettare detta condizione. Chiaro che oggigiorno si tratta di una pensione di elevato ammontare, quindi a conti fatti per chi ha iniziato a lavorare non più giovane, i requisiti potrebbero rivelarsi irraggiungibili in concreto. Ecco perché in alternativa, non resterebbe che puntare alla pensione di vecchiaia ordinaria, a 67 anni.
Tuttavia i contributivi puri potrebbero essere tagliati fuori anche dalla pensione in oggetto. E questo perché la legge prevede che la prestazione liquidata sia uguale o maggiore di 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Sintetizzando senza una pensione uguale almeno a quell’importo, la pensione di vecchiaia sarebbe impossibile anche a 67 anni.
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