Il 1° gennaio 2023 è scattata la rivalutazione delle pensioni solamente per i trattamenti inferiori a quattro volte il trattamento minimo. A marzo la perequazione sarà per tutti.
L’INPS ha comunicato che il 1° marzo 2023 scatterà la rivalutazione dei trattamenti superiori a quattro volte il trattamento minimo con erogazione degli arretrati.
All’inizio di ogni anno scatta il meccanismo della perequazione per adeguare le pensioni al costo della vita. Sul finire del 2022 l’ex Governo Draghi ha proposto una rivalutazione anticipata per cercare di sostenere i pensionati contro l’inflazione crescente. Un 2% in più legato allo 0,2% di conguaglio che hanno determinato un aumento del trattamento di poche decine di euro. Il 1° gennaio 2023 è, poi, scattata la rivalutazione completa ma non per tutti gli assegni. L’INPS, dunque, ha aggiornato i dati inizialmente solo per i trattamenti di importo inferiore a quattro volte il minimo perché non coinvolti nel nuovo modulo perequativo. Con la Legge di Bilancio 2023, infatti, il Governo ha rivisto per il biennio 2023/2024 il sistema di perequazione delle pensioni superiori a quattro volte il trattamento minimo rendendo la rivalutazione più sfavorevole rispetto al 2022. Ecco perché il primo passo è stato quello di rivalutare solo gli assegni più bassi. Per evitare la formazione di indebiti pensionistici. Dal 1° marzo, però, la perequazione verrà applicata a tutte le pensioni e saranno erogati anche gli arretrati.
Il meccanismo della perequazione rivaluta le pensioni in base all’andamento dell’inflazione. L’importo dei trattamenti pensionistici, dunque, viene adeguato all’aumento del costo della vita secondo i dati fissati dall’ISTAT. In questo modo si cerca di proteggere il potere d’acquisto delle pensioni. Il legislatore spesso mette mano al meccanismo per cercare accorgimenti che possano essere più convenienti nel periodo che si sta attraversando. Il Governo Meloni lo ha fatto.
La perequazione scatta per tutti i trattamenti pensionistici (pensioni dirette e indirette) erogati dall’Assicurazione generale obbligatoria, dalle Gestioni dei lavoratori autonomi e dai Fondi sostitutivi, esclusivi, esonerativi, aggiuntivi, integrativi. Secondo le direttive della Legge 448/1998, poi, la rivalutazione si effettua in via cumulata. Ciò significa che per individuare l’indice di perequazione si guarderà al reddito complessivo derivante da tutti i trattamenti erogati dall’INPS nel Casellario Centrale dei Pensionati.
Nel corso degli anni sono stati messi in atto diversi cambiamenti fino al ritorno per il biennio 2023/2024 della rivalutazione sull’importo complessivo del trattamento. Ciò significa che ad oggi il modulo di perequazione prevede
Per i trattamenti inferiori al minimo, poi, la manovra fiscale ha previsto una perequazione straordinaria dell’1,5% – 6,4% per gli over 75 – per il 2023 e del 2,7% per il 2024.
Come accennato la rivalutazione prende come riferimento il tasso di inflazione annuo. Moltiplicando il tasso di inflazione per le percentuali citate si ottiene il tasso effettivo di rivalutazione aggiunto annualmente negli assegni pensionistici. Occorre sapere che l’applicazione della perequazione è provvisoria prendendo come riferimento l’inflazione dell’anno uscente e definitiva considerando l’inflazione dell’anno precedente sulla base di un Decreto che il Governo eroga a metà novembre (da qui il “famoso” conguaglio dello 0,2% applicato sul finire del 2022 nato dalla differenza tra inflazione stimata dell’1,7 e inflazione effettiva dell’1,9).
Nel 2023 il tasso provvisorio è stato fissato al 7,3%. In base a questa percentuale e alla rivalutazione applicata alla fascia di appartenenza si possono determinare gli aumenti nell’assegno.
I titolari di pensioni con importi inferiori a quattro volte il trattamento minimo avranno già notato gli effetti della rivalutazione mentre chi percepisce cifre superiori a 2.101,52 euro lordi al mese dovrà attendere i versamenti del mese di marzo. La rivalutazione effettiva comporterà amare sorprese per chi riceve i trattamenti dagli importi più onerosi. Le nuove fasce, infatti, sono più sfavorevoli per chi percepisce assegni superiori a quattro volte il minimo.
Se fino a 525,38 euro la rivalutazione effettiva spettante è dell’8,910, percependo tra cinque e sei volte il minimo (tra 2.626,91 e 3.152,28 euro) – ad esempio – la perequazione sarà del 3,869%. La percentuale diminuirà con l’aumentare dell’assegno arrivando fino al 2,336% per somme superiori a dieci volte il trattamento minimo (5.253,81 euro).
Esempi pratici riportano un aumento di 116 euro per una pensione di 3 mila euro invece di 208 con le vecchie regole. Per una pensione di 6 mila euro, invece, l’incremento sarà di 140 euro invece dei possibili 373 euro percepiti lasciando inalterate le fasce degli anni precedenti. Passando ai trattamenti di importo inferiore, nel 2023 l’assegno minimo sarà di 572 euro al mese ma gli over 75 potranno toccare i 600 euro con la maggiorazione aggiuntiva del 6,4%.
Vediamo nel dettaglio le percentuali effettive della rivalutazione per fasce.
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