Il miglioramento del sistema scolastico passa anche dalla modifica verso l’alto dello stipendio dei professori, in considerazione di un costo della vita più elevato. Il progetto del Ministero dell’Istruzione.
Retribuzioni più alte per i professori, ma non per tutti. Con queste parole potrebbe essere sintetizzata la prospettiva del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che intende rivedere il sistema scolastico nel suo insieme per migliorarlo e accrescere la qualità dell’insegnamento.
Tanti in verità i temi di discussione, oltre a quello dello stipendio degli insegnanti. Pensiamo alla questione dell’alternanza scuola lavoro, ad esempio, con la scia di polemiche dovute ai non pochi infortuni ed incidenti, anche mortali, che si sono verificati in questi anni. Gli argomenti che occorre considerare per migliorare la qualità del sistema scolastico pubblico, dell’offerta formativa e – conseguentemente – il livello medio della preparazione degli studenti sono però davvero molti, e vanno dalla lotta al bullismo e alla dispersione scolastica fino all’applicazione delle più moderne tecnologie per una scuola davvero ‘smart’.
Al di là di questo, però, sono le recenti dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione che hanno creato un vivace dibattito: come accennato, sì agli aumenti dello stipendio dei professori, ma con alcuni distinguo. Di che si tratta? Vediamo più da vicino.
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Secondo la proposta del Ministero, in buona sostanza gli stipendi dei professori potrebbero salire grazie all’accesso ai finanziamenti da parte di fondi privati, a favore delle scuole pubbliche. Non è una novità questa proposta, ma soltanto oggi torna in auge dopo che in passato era stata archiviata per alcuni dubbi circa la sua effettiva sostenibilità sul piano della tenuta del sistema dell’istruzione pubblica.
Ora il rilancio dell’idea che, secondo il Ministro dell’Istruzione, sarebbe la sola in grado di cogliere l’obiettivo di avere fondi sufficienti alle necessità del sistema scolastico, compresi ovviamente i citati aumenti di stipendio. Insomma in un periodo in cui il Governo sta valutando con molta oculatezza che tipo di spese ed investimenti sostenere, emerge la consapevolezza che il mero finanziamento statale non basta al potenziamento della scuola pubblica.
C’è chi ha sottolineato che questa logica potrebbe portare al rischio di minare l’equità del sistema scolastico e di creare marcate diseguaglianze territoriali, ma così in verità non sarebbe tenuto conto dell’ultima proposta ministeriale nel suo complesso. Ci riferiamo in particolare alla possibilità di istituire una sorta di fondo unico perequativo centralizzato ministeriale, proprio allo scopo di assicurare l’equa distribuzione dei fondi privati.
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L’ottica è quella di razionalizzare gli interventi ed effettuarli in modo più marcato laddove vi sia un bisogno maggiore. Si tratta di un’applicazione pratica del principio di uguaglianza sostanziale, il quale ha come riferimento le distinte condizioni di partenza. Ciò in pratica significa che la distribuzione dei fondi non può aversi in maniera identica in una zona o l’altra, piuttosto essa deve adattarsi al singolo contesto, per essere efficace nel garantire a tutti le stesse opportunità, e permettere l’applicazione di criteri di equità nei luoghi in cui il costo della vita è maggiore.
In altre parole, l’effettivo incremento dello stipendio non può non dipendere dal costo della vita in un luogo piuttosto che in un altro, e questo poiché – se invece fosse identico ovunque – detto aumento sarebbe di minor efficacia laddove le spese sono più alte. Ecco allora il progetto di ritoccare con maggior incisività la retribuzione dei professori che vivono in città o aree del paese in cui l’inflazione e l’aumento dei prezzi si stanno facendo sentire di più.
Ebbene, come è ben noto, il territorio italiano è caratterizzato da varie disomogeneità, e tra queste vi è quella relativa al costo della vita. Non si tratta soltanto di differenze tra aree regionali ma tra singole località, se pensiamo che in base ai dati ministeriali del MISE, la classifica del costo della spesa settimanale vede al primo posto Milano come città più cara d’Italia, con una media di 116 euro per la spesa settimanale, mentre è Napoli la città meno cara – registrando una media settimanale di circa 75,16 euro.
Insomma i prezzi sono sì aumentati ovunque, ma con forti differenze territoriali e in alcuni luoghi si paga ancora di più per fare la spesa al supermercato o in un negozio. Ecco perché, alla luce di queste oggettive differenze territoriali, il Ministero dell’Istruzione sta ragionando di un aumento stipendio professori proporzionato a seconda dell’area geografica e dello specifico costo della vita. Essendo anche questo un tema cardine del miglioramento del sistema scolastico, avremo sicuramente ulteriori novità ed aggiornamenti a breve.
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