Il Superbonus è confermato nel 2023 ma con rilevanti modifiche che hanno indispettito tanti italiani. Non avere il 110% significa in tanti casi rinunciare ai lavori.
Oltre alle novità da conoscere occorre tener conto di un fondamentale dettaglio che rischia di far perdere immediatamente il diritto alla misura.
Diciamo la verità, il Superbonus è una misura poco compresa dagli italiani a causa della struttura di difficile comprensione e dei cambiamenti continuamente apportati dal Governo di turno. Tante regole, molti dubbi, poca chiarezza, blocchi dei crediti, tutto questo ha portato numerose famiglie ad aspettare prima di fare domanda di accesso all’agevolazione fiscale certi di poter approfittare dell’aliquota al 110% anche nel 2023. I piani del nuovo esecutivo, invece, erano diversi e il 110% è sparito prima del tempo. Ora vige il Superbonus 90% e non è la stessa cosa. In un contesto economicamente difficile sono pochi i cittadini che possono mettere di tasca propria i soldi per effettuare i lavori, anche se in minima parte. Di conseguenza pur avendo nelle intenzioni l’idea di effettuare i lavori di riqualificazione energetica ora salterà tutto e i palazzi rimarranno vecchi e lontani dall’essere green.
Chi vorrà optare comunque per la misura dovendo necessariamente effettuare interventi di ristrutturazione dovrà tenere conto delle nuove direttive.
La Legge di Bilancio 2023 è nuovamente intervenuta sul Superbonus effettuando l’ennesima integrazione nel giro di pochi anni. Le novità dell’anno in corso vanno ad aggiungersi alle nuove direttive stabilite nel 2022. Condomini, persone fisiche, ONLUS, ODV, APS possono accedere all’agevolazione fino al 31 dicembre 2025 tenendo conto, però, di una riduzione graduale dell’aliquota di riferimento.
La manovra fiscale ha deciso che l’aliquota del 110% nel 2023 continuerà ad essere applicata unicamente con riferimento:
Solo in relazione ai casi citati, dunque, l’aliquota applicata nel 2023 rimarrà del 110%. In caso contrario scenderà al 90% per poi uniformarsi – salvo ulteriori cambiamenti – nel 2024 quando si abbasserà fino al 70%. Nel 2025, infine, scenderà al 65%.
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto novità con riferimento ad ONLUS, APS e ODV. Nello specifico sarà concesso loro richiedere il Superbonus per l’installazione di pannelli fotovoltaici su edifici situati in aree o strutture non pertinenziali differenti dagli immobili su cui saranno effettuati gli interventi trainanti. Tali immobili potranno anche essere di proprietà di terze persone. Condizione necessaria è che l’edificio sia ubicato all’interno di centri storici soggetti a vincoli (articolo 142 e 136, Legge 42/2004).
La detrazione del 90% si applica nel 2023 agli edifici unifamiliari (villette e assimilabili) e plurifamiliari (condomini e assimilabili). La manovra ha stabilito che con riferimento alle villette potranno accedere all’agevolazione fiscale unicamente le famiglie con reddito pari o inferiore a 15 mila euro nel 2022. Per calcolare il reddito occorre dividere la somma dei redditi complessivi del richiedente, del coniuge e dei familiari a carico per il quoziente familiare. Inoltre condizione necessaria è che la villetta sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente detenga un diritto reale di godimento sull’immobile.
Passando ai condomini, la detrazione rimarrà del 90% per tutto il 2023 ad eccezione dei casi sopraelencati per i quali resterà l’aliquota del 110%. Naturalmente gli interventi effettuati dovranno essere di efficientamento energetico del palazzo con scatto di almeno due classi.
Per quanto l’idea di dover spendere i risparmi non sia allettante tanto quanto il 110%, il Superbonus continua a rimanere un’opportunità di risparmio da considerare. Via, dunque, alle pratiche per poter dare nuovo splendore alla propria abitazione facendo attenzione, però, ad un piccolo particolare.
Varie criticità possono far perdere il diritto al Superbonus – così come anche agli altri Bonus edilizi. Oggi ve ne segnaleremo una che tanti contribuenti ignorano. I cittadini che non sono in regola con il pagamento dell’IMU non potranno maturare il credito d’imposta e, dunque, dovranno rinunciare all’agevolazione fiscale in questa forma.
I controlli sono stringenti ma nei condomini tale criticità non viene rilevata. Cosa accade se qualche proprietario non ha pagato l’Imposta Municipale Unica dovuta per il possesso di una seconda casa o di un immobile di lusso? La situazione non deve essere assolutamente sottovalutata dato che i contratti d’appalto condominiali stabiliscono il diritto di rivalsa dell’appaltatore sul condominio e sui singoli condòmini (rispettivamente primo committente e individualmente co-committenti e solidali tra loro).
Da sottolineare, poi, come l’alternarsi dei proprietari in un appartamento che acquistano un immobile a prezzo pieno in quanto ristrutturato senza godere delle detrazioni, comporti un continuo obbligo giuridico nei confronti dell’appaltatore. Significa che nei condomini in cui si è verificato lo sconto in fattura per eseguire i lavori, il valore delle singole unità immobiliari si abbassa. C’è di più, nessuno acquisterebbe conoscendo la reale situazione in cui si è accorsi.
I condòmini purtroppo non sono tutelati dato che il visto di conformità volto alla verifica della sussistenza del credito non prevede il controllo dei pagamenti dell’IMU da parte degli interessati. Nessun addetto si recherà presso la Tesoreria del Comune per scoprire gli altarini dei contribuenti con la conseguenza di una possibile problematica futura.
L‘amministratore di condominio può adempiere a questo compito. Dovrà infatti dichiarare di aver effettuato tutti gli obblighi e le verifiche previste e indicare egli stesso la somma che il contribuente può portare in detrazione. Una responsabilizzazione eccessiva? Probabilmente sì dato che delega all’amministratore l’onero di certificare l’esistenza del credito d’imposta. E non c’è polizza che possa aiutare a reggere il colpo di eventuali problemi insorti in fase di accertamento.
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