I precari del comparto scuola possono usufruire di sei giorni di permesso non retribuiti. Scopriamo se la fruizione può essere consecutiva o meno.
Per perfezionare il contratto tra insegnante precario e amministrazione scolastica, il preside dell’istituto dovrà applicarvi la firma. Una volta sottoscritto ci saranno delle regole da rispettare e diritti da reclamare.
Il contratto a tempo determinato di un precario della scuola prevede la possibilità per l’insegnante di richiedere permessi e assenze secondo la normativa definita dal CCNL di riferimento. Nello specifico, previa domanda sarà possibile usufruire di sei giorni di permessi non retribuiti durante l’anno scolastico richiedibili per motivi personali o familiari. L’articolo 15 comma 1 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro cita tra le motivazioni esigenze personali o di famiglia del lavoratore, non necessariamente gravi ma rilevanti. Tali motivi dovranno essere documentari anche tramite autocertificazione. Si notano subito due differenze rispetto agli insegnanti di ruolo. La non retribuzione delle assenze dal luogo di lavoro e il numero maggiore di giorni, sei invece di tre.
Ma entriamo più nello specifico per rispondere al quesito di un lettore. “Vorrei sapere se i sei giorni di permesso non retribuiti spettanti agli insegnanti precari possono essere fruiti continuativamente e se il dirigente scolastico ha la facoltà di non approvarne la richiesta“.
Gli insegnanti precari possono richiedere a domanda permessi brevi della durata non superiore alla metà dell’orario giornaliero individuale di servizio e fino ad un massimo di due ore. Nei due mesi successivi a quello di fruizione del permesso il docente dovrà recuperare le ore di assenza su richiesta dell’amministrazione scolastica. I permessi brevi di cui usufruire in un anno scolastico sono pari alla durata di venticinque ore per i docenti della scuola dell’infanzia, di ventidue ore per i docenti della primaria e 18 ore per gli insegnanti delle scuole secondarie.
Se il recupero non venisse soddisfatto per colpa del docente, l’amministrazione tratterrebbe una somma pari alla retribuzione spettante nei giorni di permesso. Diverso il caso delle assenze per malattia che danno diritto alla conservazione del posto nel limite di nove mesi in un triennio e comportano una retribuzione intera per il primo mese di assenza, del 50% nel secondo e terzo mese e senza assegni nei restanti sei mesi.
I permessi non retribuiti devono anch’essi essere richiesti a domanda. Vengono concessi per otto giorni complessivi ad anno scolastico inclusi quelli per la partecipazione a concorsi, esami o per il viaggio oppure per sei giorni complessivi per motivi familiari o personali documentati.
Come accennato, il motivo di assenza non deve essere legato ad una motivazione grave ma rilevante per l’insegnante precario. Citiamo, ad esempio, una ricorrenza, una visita specialistica, un trasloco, l’accompagnamento di un familiare ad una visita, all’aeroporto o in un altro posto, un appuntamento presso un ente come l’INPS o dal notaio per la firma di un atto.
Rientrano anche gli eventi improvvisi che rendono impossibile per il precario recarsi a scuola (neve, gomma dell’auto forata, sciopero dei treni…). Secondo la normativa, infatti, non è previsto alcune termine minimo di preavviso sebbene sia sempre preferibile sapendo che ci si assenterà riferire il giorno in cui si mancherà con tre/cinque giorni di anticipo.
Occorre sottolineare che il permesso, dunque, non è soggetto alla discrezionalità del Dirigente scolastico. Si tratta di un diritto del dipendente su cui non può essere esercitata alcuna discrezionalità da pare della scuola. All’amministrazione spetta semplicemente la possibilità di controllare la domanda e richiedere l’autodichiarazione per capire i motivi della domanda di permesso. In ogni caso, il Dirigente non potrà negare il permesso perché le motivazioni sono ritenute futili. Non compete all’Istituto, infatti, sindacare sulla validità o meno dei motivi avvallati dal precario. Se la domanda è corretta, il diritto dovrà essere accordato.
Analizzando approfonditamente il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro si legge come i giorni di permesso non retribuiti si possano fruire sia in modo frazionato che in modo continuativo o in un’unica soluzione. Non solo, nel caso in cui il docente ne fruisca in modo continuativo non dovranno essere ricompresi nell’assenza i giorni non lavorativi o festivi.
Un esempio. Poniamo il caso che il precario chieda permessi per le giornate di venerdì, sabato e lunedì oppure venerdì, lunedì e martedì in caso di settimana corta. Nel primo caso la domenica non dovrà essere conteggiata nell’assenza. Nel secondo caso non dovranno rientrarvi il sabato e la domenica. Se, inoltre, il dipendente dovesse avere un giorno libero in settimana, poniamo il mercoledì, questo non sarà inserito come giorno di assenza. Nel secondo caso, dunque, il lavoratore potrà assentarsi da scuola dal venerdì e tornare il giovedì contando solo tre giorni di assenza.
Passiamo, infine, ai sei giorni di permesso consecutivi ovvero del diritto fruito in un’unica soluzione. Il CCNL scuola consente ai precari di assentarsi dal lunedì al sabato. Corrisponderebbe, così, allo stesso numero dei giorni di ferie. Perché preferire sei giorni di ferie non retribuito rispetto ai sei giorni di ferie? La differenza è che nel primo caso il docente richiedente non ha l’obbligo di accertarsi che per la sua sostituzione “non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti” come dovrebbe dare chiedendo le ferie.
Con riferimento al quesito del lettore, dunque, i precari possono chiedere sei giorni di permesso continuativi e il Dirigente scolastico non ha nessuna possibilità di negare il diritto del lavoratore. Gli articoli di riferimento del CCNL sono il 15/2 e il 19/7.
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