I contribuenti incapienti possono usufruire del Superbonus ad alcune condizioni e in determinati casi possono cedere i crediti ai parenti.
Gli incapienti sono coloro che hanno un reddito talmente basso da non essere imponibile. Come possono accedere o continuare ad usufruire del Superbonus?
Il Superbonus non è una misura facile da comprendere, prevede numerosi cavilli, obblighi, possibilità che mandano in confusione i contribuenti. Ci sono tanti aspetti da chiarire con riferimento alla complessità dell’agevolazione che nel 2023, ricordiamo, sarà del 110% solamente soddisfacendo alcune ristrettive condizioni. In più la misura presenta numerose criticità, più di 80 insidie, che spesso i contribuenti ignorano con la conseguenza di incorrere in gran brutte sorprese (dover pagare di tasca propria tutti gli interventi). Inoltre c’è la questione degli incapienti che ha generato parecchia confusione tanto da dover richiedere l’intervento dell’Agenzia delle Entrate. L’AdE ha pubblicato due circolari differenti per chiarire quando gli incapienti possono usufruire del Superbonus richiedendo la cessione del credito o lo sconto in fattura. Queste circolari si aggiungono alla numerosa lista di decreti, provvedimenti e documenti di prassi che nel tempo si sono avvicendati per cercare di dare chiarezza ad una misura controversa.
In redazione è arrivato un quesito, “Se un proprietario di un alloggio in un condominio che ha già avviato le pratiche per il Superbonus 110% non dovesse avere reddito imponibile ha diritto al Bonus trasferendo ad un parenti di primo grado il recupero del credito?“. Iniziamo con delle puntualizzazioni importanti che consentiranno di definire il quadro generale.
La normativa fa rientrare tra i beneficiari del Superbonus le persone fisiche, i privati, e gli immobili abitativi. Nessun accenno alla possibile incapienza del contribuente, ossia alla mancanza di reddito imponibile e, dunque, all’impossibilità di accesso alla detrazione fiscale. L’imposta IRPEF prodotta dai redditi percepiti, infatti, risulta annullata da altre detrazioni fiscali.
Per incapienti si intendono anche coloro che percepiscono redditi entro la soglia di tassazione, redditi soggetti a sostituto d’imposta oppure a tassazione separata o semplicemente chi non ha reddito. Il fatto di non aver la possibilità di fruire della detrazione d’imposta di cui si ha diritto, però, non fa decadere il diritto alla prestazione stessa ma la concreta possibilità di utilizzo.
Con riferimento al Superbonus, considerando la possibilità che un contribuente possa risultare incapiente soprattutto alla luce delle grandi spese da sostenere, la normativa ha previsto la possibilità di cedere il beneficio fiscale. Ad entrare nel merito della questione due circolari dell’Agenzia delle Entrate. La prima è la numero 24/E dell’8 agosto 2020 e stabilisce che i contribuenti incapienti, soggetti che possiedono esclusivamente redditi assoggettati a tassazione separata o ad imposta sostitutiva ovvero che non potrebbero fruire della corrispondente detrazione, non possono utilizzare il Superbonus. L’esempio avanzato è dei forfettari con reddito totalmente assoggettato ad imposta sostitutiva.
L’unica soluzione ammessa – si legge nella circolare – è di richiedere non la detrazione dato che non verrà concessa ma lo sconto in fattura o la cessione dei crediti. Ma a pagina 10 dello stesso documento appare scritto che il Superbonus non spetta ai soggetti senza redditi imponibili perché non possono esercitare l’opzione dello sconto in fattura o della cessione. A poche pagine di distanza due concetti che si scontrano ed è caos.
Arriva, allora, la seconda circolare (30/E) a diradare la nebbia sulla questione Superbonus e incapienti. Il contribuente che dispone del solo reddito che deriva dalla proprietà dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale può usufruire del Superbonus attraverso cessione dei crediti o sconto in fattura. L’incapiente senza reddito – se non quello legato alla proprietà della casa – ha diritto al beneficio fiscale dato che l’unico reddito che possiede concorre al reddito complessivo ma non è soggetto ad imposta in base al meccanismo di tassazione che prevede una deduzione di pari importo.
La circolare specifica, inoltre, che per non perdere il beneficio l’incapiente dovrà cedere i crediti o richiedere lo sconto in fattura. Ma quando è possibile cedere i crediti ai parenti?
Secondo il Decreto Rilancio il contribuente che ha maturato il credito può deciderlo di cederlo a chiunque, anche ad un parente. Questo solo in caso di prima cessione perché libera. Tale possibilità sembrerebbe essere concessa anche al contribuente incapiente dato che il contrario non è scritto nella normativa a condizione che si presentino le condizioni precedentemente citate.
Una volta che il parente ha acquisito i crediti, poi, dovrà utilizzarli in compensazione sulla base delle rate residue di detrazione non fruite. L’AdE ha chiarito che il credito d’imposta si utilizza con la stessa ripartizione in quote annuali prevista in caso di detrazione. La quota del credito non fruita nell’anno in corso non potrà essere richiesta l’anno successivo né richiesta a rimborso.
Ciò significa che i parenti che riceveranno i crediti da incapienti o meno dovranno usare gli stessi in compensazione tramite modello F24 per il pagamento di tributi e imposte che solitamente si versano con il modello in questione. Parliamo dell’IVA, dell’IRAP, delle imposte sui redditi, dei contributi previdenziali e assistenziali, delle tasse sulle concessioni governative, dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e così via.
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