Accendiamo i riflettori sul Trattamento di Fine Servizio per sciogliere dei nodi che causano parecchi dubbi ai lavoratori.
Il Trattamento di Fine Servizio o Tfs è l’indennità di buonuscita spettante ai lavoratori al termine di un rapporto di lavoro.
Tutti i lavoratori pubblici hanno diritto al Tfs o al Tfr una volta cessata l’attività di servizio. Il Trattamento di Fine Servizio è un’indennità, una somma di denaro corrisposta una tantum di importo pari a tanti dodicesimi dell’80% dell’ultimo trattamento retribuito annuo comprensivo della tredicesima per gli anni utili maturati fino all’interruzione del rapporto di lavoro. Gli anni utili sono quelli di iscrizione al Fondo di previdenza, riscattati e relativi all’anzianità di servizio con copertura previdenziale prevista dalla normativa. In redazione è giunto un quesito che permetterà di approfondire nei dettagli l’argomento.
Il lettore chiede “Sono nato l’8 ottobre 1956 e ho iniziato a lavorare nel fine febbraio 1981 presso una ASL come infermiere. Compiendo 67 nel mese di ottobre dell’anno in corso avrò diritto al Tfs oppure al Tfr? Come poter avere la liquidazione mediante INPS al tasso dell’1% più lo 0,4% in modo tale da ottenerla prima? Quando fare domanda per rimanere iscritto anche da pensionato al Fondo creditizio per poter usufruire dell’agevolazione sui tempi di erogazione?“. Tre domande che centrano alcuni degli aspetti più importanti del Trattamento di Fine Servizio.
Il Trattamento di Fine Servizio è riservato ai dipendenti civili e militari dello Stato assunti con contratto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000 e, indipendentemente dalla data di assunzione, i dipendenti rimasti in regime di diritto pubblico che hanno risolto – per una causa qualunque – il rapporto di lavoro e quello previdenziale con minimo un anno di iscrizione. Tutto il personale assunto dopo il 31 dicembre 2000 potrà contare sul Trattamento di Fine Rapporto.
Il lettore, dunque, avendo iniziato a lavorare nel 1981 presumibilmente con contratto a tempo indeterminato riceverà al momento della cessazione del rapporto di lavoro il Trattamento di Fine Servizio.
I tempi di erogazione del Tfs sono parecchio lunghi. In caso di pensionamento si parla, ad esempio, di minimo dodici mesi ma con importi del Trattamento elevati si potrebbero dover attendere anni. Inoltre l’erogazione non sarà totale per cifre superiori a 50 mila euro ma dilazionata in due rate per importi tra 50 mila e 100 mila euro e in tre rate per somme superiori a 100 mila euro.
I lavoratori possono chiedere un anticipo alle banche per un massimo di 45 mila euro e accettando di pagare interessi fino al 4%. Fortunatamente dal 1° febbraio 2023 c’è un’altra opportunità che permetterà di ottenere il 100% della liquidazione in tempi più brevi, massimo sei mesi. Potranno sfruttarla i dipendenti pubblici rivolgendosi all’INPS come ad una finanziaria che liquiderà il Tfs con alcuni vantaggi.
Beneficiari sono i lavoratori iscritti alla Gestione Unitaria delle Prestazioni Creditizie e Sociali. L’adesione alla misura comporterà il versamento all’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale dell’1% annuo di tasso di interesse (più vantaggioso rispetto ai tassi applicati dagli istituti di credito) e di uno 0,4% una tantum per le spese amministrative. Gli importi corrispondenti verranno detratti direttamente dal Trattamento di Fine Servizio.
Ricapitolando, l’INPS è pronto ad erogare il 100% della liquidazione al netto di interessi e spese. Il lavoratore dovrà semplicemente inviare richiesta di finanziamento all’ente accedendo tramite credenziali digitali alla piattaforma dedicata attiva dal 1° febbraio 2023.
Per rispondere all’ultima domanda del lettore relativa alle tempistiche corrette per l’inoltro della richiesta di Tfs per rimanere nel Fondo creditizio occorre approfondire le caratteristiche della Gestione Unitaria delle Prestazioni Creditizie e Sociali. Al Fondo sono iscritti obbligatoriamente tutti i dipendenti pubblici ex INPDAP e i dipendenti e pensionati di tutte le amministrazioni pubbliche.
Gli iscritti possono continuare ad aderire al Fondo anche dopo il pensionamento. Condizione necessaria è esercitare l’opzione entro l’ultimo giorno di servizio. L’adesione, dunque, è facoltativa per i pensionandi ma una volta accertata la volontà di proseguire con l’adesione alla Gestione per il resto della vita occorrerà esprimere questa volontà nella domanda di pensione indirizzata all’Ente della Previdenza Sociale. Nello specifico occorrerà spuntare la casella corrispondente.
La ritenuta sarà dello 0,15% per i pensionati (si potrà notare facilmente nel cedolino) mentre in attività di servizio risulta pari allo 0,35%. Le percentuali andranno calcolate sul lordo mensile con riferimento allo stipendio oppure alla pensione. Ma quali sono i vantaggi per il pensionato che decide di rimanere iscritto alla Gestione Unitaria della Prestazioni Creditizie anche dopo aver interrotto il rapporto di lavoro?
La trattenuta mensile sarà minima. Su un assegno pensionistico di 2 mila euro, ad esempio, equivarrà a tre euro. Inoltre potrà continuare ad usufruire di alcuni importanti servizi proprio come durante l’attività lavorativa. Il riferimento è ai piccoli prestiti per importi fino a due mensilità – senza necessità di presentare documentazione – ai prestiti pluriennali quinquennali restituibili in 60 rate e ai prestiti pluriennali decennali con restituzione in 120 rate. Qui l’approfondimento sui prestiti INPS.
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